{"id":28233,"date":"2012-11-29T12:02:11","date_gmt":"2012-11-29T12:02:11","guid":{"rendered":""},"modified":"2012-11-30T08:29:05","modified_gmt":"2012-11-30T08:29:05","slug":"attorno-a-giovanni-serodine","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/attorno-a-giovanni-serodine\/","title":{"rendered":"Attorno a Giovanni Serodine"},"content":{"rendered":"
\"SimonSimon Vouet, Natività della Vergine, 1620<\/span><\/div>\n

A margine della mostra in corso alla Pinacoteca Zust di Rancate, gettiamo un rapido sguardo a volo d'uccello sul clima pittorico che ha caratterizzato gli anni dell'opera di Giovanni Serodine (1600-1630). La rivoluzione naturalistica, avviata a Roma verso il 1590, costituì per i seguaci di Caravaggio un polo di attrazione ricco di fermenti innovatori di cui si fecero interpreti originali. Il naturalismo, inteso non come piatta descrizione o univoca imitazione dal vero, ma come sintesi nuova ed esperienza conoscitiva, provocò una vera revisione del linguaggio figurativo. Caravaggio, a differenza dei Carracci, non ha una schola<\/em> vera e propria.
Nonostante ciò, a Roma dopo la diffusione delle sue prime opere sono molti i pittori, provenienti da diverse parti d'Italia e d'Europa, sedotti dalla pittura realistica e ricca di contrasti luminosi.<\/p>\n

Fra gli italiani si deve menzionare il toscano Orazio Gentileschi<\/strong> (1563-1639) che nell'Annunciazione<\/em> alla Galleria Sabauda di Torino del 1623 dimostra una certa adesione ai modi pittorici del Merisi, impostando tutta la scena sulla luce proveniente dalla finestra sulla destra. Nonostante la diretta conoscenza del maestro, Orazio non fu considerato dai critici contemporanei appartenente alla cosiddetta schola<\/em>, poiché nelle sue opere era <\/p>\n

\"GerritGerrit Van Honthorst, San Giuseppe falegname<\/span><\/div>\n

possibile scorgere una interpretazione libera e originale della poeticità e del colorismo caravaggesco. Le qualità toscane, le strutture compositive semplici e la maestria disegnativa, caratterizzarono sempre la sua produzione. La profonda sensibilità cromatica condusse il luminismo caravaggesco a effetti ottici più limpidi e chiari, tali da far esaltare la sericità dei broccati, delle sete, la morbidezza delle sete.<\/p>\n

Il veneziano Carlo Saraceni<\/strong> fece il primo tirocinio in patria prima di recarsi a Roma dove orientò la propria pittura verso i modi del primo Caravaggio. La sensibilità cromatica è espressa attraverso colori smaglianti, come si nota nel San Rocco e l'angelo<\/em>, alla Galleria Doria Pamphili. Gli effetti di luce accordati su toni graduali di colore derivano dallo studio della realtà naturale e conferiscono al soggetto una forte tensione psicologica.<\/p>\n

Considerato dal critico seicentesco Giovanni Mancini fra i primi aderenti alla schola<\/em>, il mantovano Bartolomeo Manfredi <\/strong>mette appunto una formula stilistica in cui i piani luminosi vengono scanditi spesso da una fonte proveniente dall'alto, secondo un procedimento molto spesso usato da Caravaggio. Per esempio nella Negazione di san Pietro <\/em>Manfredi adotta questo sistema di illuminazione, in più imposta la scena relegando l'apostolo in una posizione marginale, sulla sinistra, e mettendo invece in primo piano un gruppo di giocatori di dadi. Abbandonata quindi l'imitazione del vero naturale, il pittore trasse gli schemi compositivi e luministici dalle opere romane del maestro, tanto che "molte opere del Manfredi furono tenute di mano di Michelagnolo da <\/p>\n

\"OrazioOrazio Gentileschi,
Annunciazione, 1623<\/span><\/div>\n

Caravaggio e gli stessi pittori in giudicarlo di ingannavano".<\/p>\n

Dall'Europa, Simon Vouet<\/strong> è un pittore francese presente a Roma nei primi decenni del Seicento, principe dell'Accademia di San Luca. Nella Natività della Vergine<\/em> della chiesa di San Francesco a Ripa, circa 1620, si evidenzia una straordinaria capacità di rendere l'attitudine naturale dei personaggi, calibrando la scena su una misurata corrispondenza gestuale. Un altro francese residente a Roma, Jean Valentin de Boulogne<\/strong> realizza il violento Martirio dei Santi Processo e Martiniano<\/em> intorno al 1629 per un altare della Basilica di San Pietro. La composizione si presenta tutta giocata su sbalzi improvvisi di luce che evidenziano i carnefici, e i due Santi stesi sui banconi di tortura e gli angeli che, in uno squarcio delle nubi, recano le palme del martirio.<\/p>\n

La lezione caravaggesca trova largo consenso anche tra i pittori olendesi. Tra i primi ad aderirvi al suo arrivo a Roma nel 1604, Hendrick Terbruggen. <\/strong>Nella tela che raffigura una Suonatrice di liuto<\/em>, emerge la sua notevole scioltezza pittorica nel trarre temi musicali o lascivi, ambientati soprattutto in interni. Con lui, Gerrit Van Honthorst<\/strong>, meglio noto come Gherardo delle Notti, ambienta i suoi dipinti in ambienti notturni schiariti dal solo lume di candela, come dimostra il San Giuseppe falegname<\/em>, 1617.
 

Simon Vouet, Natività della Vergine, 1620 A margine della mostra in corso alla Pinacoteca Zust di Rancate, gettiamo un rapido sguardo a volo d'uccello sul clima pittorico che ha caratterizzato gli anni dell'opera di Giovanni Serodine (1600-1630). 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