{"id":19836,"date":"2009-11-12T06:07:35","date_gmt":"2009-11-12T06:07:35","guid":{"rendered":""},"modified":"2009-11-17T04:23:28","modified_gmt":"2009-11-17T04:23:28","slug":"la-storia-la-stessa","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/la-storia-la-stessa\/","title":{"rendered":"La storia \u00e8 la stessa"},"content":{"rendered":"

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\"IlIl Museo della Civiltà 
contadina del Mendrisiotto a Stabio<\/span><\/div>\n

L'arte unisce<\/strong> – Una montagna, la Montagna, il Monte San Giorgio è un confina solamente naturale tra due stati, tra due realtà che proprio sul confine non presentano sostanziali differenze. A Stabio primo paese oltre la frontiera Italia-Svizzera lo storico Museo della Civiltà contadina<\/strong>, ha ospitato i sindaci, i responsabili e i partner Interreg del progetto dell'area Monte San Giorgio. In tale occasione abbiamo visitato la mostra 'Picasass cave e scalpellini'<\/strong>, ospitata nelle sale al primo piano del museo diretto da Sergio Pescia<\/strong>. <\/p>\n

Conservare e valorizzare<\/strong> – "Il museo è nato nel 1981 con l'intento di valorizzare e conservare la vita rurale che ha caratterizzato il Mendrisiotto – spiega il direttore Sergio Pescia<\/strong> – accanto all'esposizione degli attrezzi e degli oggetti che permettono al visitatore di percepire attraverso i reperti le diverse attività del contadino, dell'artigiano e della vita di tutti i giorni, ogni anno proponiamo una mostra diversa che va ad approfondire un aspetto preciso legato a questo mondo".  Ad accogliere i visitatori al piano è la sala in cui si ricorda l'origine della civiltà contadina ripercorrendo i passi salienti della storia dell'uomo. Nella sala accanto sono esposti carri di vario tipo correlati dall'attrezzatura del carradore, l'artigiano che fabbricava i carri e ne assicurava la manutenzione. Nelle due grandi sale al secondo piano, sono esposti oggetti attinenti a varie attività del mondo rurale, raggruppati secondo la specificità della loro funzione. Una collezione di trappole e trabocchetti, un deschetto da ciabattino e un'attrezzatura da stalla trovano posto sulle pareti della scala di accesso e sullo spazioso pianerottolo. <\/p>\n

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\"SalaSala del Museo a piano terra<\/span><\/div>\n

Viggiù\/Stabio andata e ritorno<\/strong> – La pietra come elemento di congiunzione non solo naturale ma tra i secoli della storia è il punto di partenza dell'esposizione. Prima di entrare nelle sale del primo piano un pannello sopra l'ingresso illustra le fasi geologiche e storiche dell'area del Monte San Giorgio. La mostra si occupa della zona che oggi si definisce 'insubrica' e che comprende un territorio con numerosi luoghi nei quali in passato erano attive cave di materiale da costruzione. Nella prima sala colpisce l'osservatore una grande carta a parete del paese di Stabbio<\/strong> (solo dopo il 1924 il nome perde la doppia 'b') riconducibile al periodo della dominazione austriaca. Immagini che ripercorrono le caratteristiche della pietra, non solo le varietà presenti nel Monte San Giorgio, ma le molteplici che fin dalla comparsa dell'uomo hanno caratterizzato le fasi storiche. Seguono spiegazioni e illustrazioni dedicati all'estrazione dalle miniere, agli scavi scientifici e ai fossili ancora oggi visibili. Vengono descritte le zone caratteristiche per l'estrazione della pietra, da Arzo<\/strong>, cava Rossi (unica cava ancora attiva, posizionata sulla strada che da Arzo conduce a Meride), Meride<\/strong>, Tremona<\/strong> e Besazio<\/strong>. La lavorazione della pietra è descritta nelle varie fasi, dall'estrazione alle segherie del marmo, fino agli uomini che vi si dedicavano, i picasass<\/strong>. <\/p>\n

A scuola<\/strong> anche oltre confine<\/strong> – La figura dello scalpellino o picassas è spesso sottovalutata, viene considerato uno 'scultore senza arte'. L'apprendistato aveva inizio a 10-15 anni al seguito degli artigiani che emigravano in tutta Europa: a soli 9 anni il noto Vincenzo Vela<\/strong> lavorava già nella cava di Besazio e a 12 era attivo a Milano alla fabbrica del Duomo. Ad Arzo c'era una scuola professionale di disegno che i giovani frequentavano dalle 19 alle 21, ma molti oltrepassavano il confine per frequentare i rinomati corsi della SOMS a Viggiù<\/strong> nata nel 1873. <\/p>\n

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\"PerPer blocchi grandi la lama a due manici
(troncone), lunga anche più di due metri.
Foto 1900 (catalogo mostra)<\/span><\/div>\n

La vicina Viggiù<\/strong> – Fin dal 1574 è documentata a Viggiù l'importanza e l'attività nelle cave. E' l'Ottocento però l'epoca in cui l'impiego della pietra in questa zona raggiunge il suo apice, in relazione anche alla ripresa della costruzione di grandi cattedrali lombarde. In quest'epoca si contano nella sola Viggiù ben trenta botteghe attive, di picasass, di decoratori e di artisti. A testimoniare la grandiosità in questo settore del paese valceresino ancora oggi è il Cimitero Vecchio<\/strong> (chiuso da più di un secolo), in cui la storia si racconta nonostante lo stato di abbandono. In mostra alcune opere che hanno impegnato a lungo gli scalpellini: le tombe. Diverse le tipologie presentate, dalle cappelle alle tombe a stele, da quelle a cippo a quelle orizzontali. Non poteva mancare un approfondimento sul Museo dei Picasass di Viggiù<\/strong>, anch'esso nato all'inizio degli anni '80 del '900. Accanto a questo il Museo Enrico Butti<\/strong> dedicato all'artista nato nel 1847 e che ha percorso la strada dell'arte scultorea con una forza travolgente. Grandi nomi sul versante italiano che hanno dei paralleli altrettanto importanti in terra elvetica, primo su tutti Vincenzo Vela<\/strong>, che in occasione di questa mostra non è solo. Il Museo Vela<\/strong> di Ligornetto ripercorre il cammino dell'artista da picasass a esimio scultore: Milano, Venezia, Roma, Torino, Ligornetto, sono le città che fanno da scenario alle sue imprese.<\/p>\n

Non più anonimo<\/strong> – La mostra rende omaggio ad un'altra importante personalità artistica del secolo scorso, rimasta fino ad oggi nell'ombra, Natale Albisetti<\/strong>. Originario di Stabio dove nasce nel 1863, Albisetti si inserisce presto nel mondo della scultura sui passi del vicino maestro Vela. Dalla scuola di disegno di Clivio all'Accademia di Brera per arrivare alla fine degli anni '80 a Parigi. Suoi sono i bassorilievi sul Monumento dell'Indipendenza<\/em> a Bellinzona. Grandi riconoscimenti hanno segnato la sua carriera; la sua terra natale Stabio si è impegnata negli ultimi anni a rendere omaggio allo scultore. Come Albisetti molti scalpellini si allontanavano dalla terra natia per intraprendere strade artistiche lontane. Non sempre per motivi di studio, spesso si trasferivano in luoghi lontani dove la manodopera di valenti lavoratori della pietra nelle cave di granito era pregiata e adeguatamente remunerata: Barre, Vermont, Stati Uniti d'America.
 <\/p>\n

'Picasass cave e scalpellini'<\/strong>
Museo della Civiltà contadina del Mendrisiotto a Stabio
fino al 29 novembre
Piazza maggiore
Via al castello (Stabio)
Tel\/fax +41 (0) 916416990
orari: martedì, giovedì, sabato, domenica e festivi dalle 14.00 alle 17.00
museo@stabio.ch
www.stabio.ch<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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