{"id":11410,"date":"2006-05-30T12:48:02","date_gmt":"2006-05-30T12:48:02","guid":{"rendered":""},"modified":"2021-12-27T12:55:40","modified_gmt":"2021-12-27T11:55:40","slug":"la-perfezione-complessa","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/la-perfezione-complessa\/","title":{"rendered":"La perfezione complessa"},"content":{"rendered":"
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Busto Arsizio<\/strong> – \u201cUna mostra perfetta\u201d l\u2019ha definita Vittorio Sgarbi, al solito senza mezze misure, tranchant o complimentoso. Nella sua recente visita, il probabile futuro assessore alla cultura di Milano aveva apprezzato senza mezzi termini la prima mostra monografica dedicata a Daniele Crespi curata da Andrea Spiriti e allestita a Palazzo Cicogna di Busto Arsizio.
\nIl commento ha coronato la messe di elogi che ha salutato l\u2019appuntamento.<\/p>\n

Giustamente atteso. Fin dagli anni Settanta, in seguito alla emblematica, per alcuni versi straordinaria, mostra Il Seicento Lombardo <\/em>del 1973<\/strong> allestita a Palazzo Reale a Milano, curata \u00a0 allora dal meglio degli studiosi in materia. Negli anni successivi, fu Giovanni Testori, al solito tenace, a fare la spola tra Varese e Busto, entrambe candidate a organizzare l\u2019evento crespino o parte di esso. L\u2019occasione non venne, se non in porzioni da nouvelle cousine<\/em> nel 1989. Fino ad oggi. Fino a che anche l\u2019Insubria, intesa come Universit\u00e0, la Provincia, intesa come Istituzione, la Regione, e via di seguito, non si misero in moto seriamente e tutto \u00e8 venuto di conseguenza.<\/p>\n

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Quasi a coronare un vero e proprio boom di recupero filologico, pi\u00f9 o meno rigoroso, di studi sui lombardi \u201cpestanti\u201d negli ultimi cinquant\u2019anni<\/strong> \u2013 almeno dalla mostra sempre di marchio testoriano I pittori della realt\u00e0 in Lombardia<\/em> del 1953, fino all\u2019ultima I maestri del \u2018600 e \u2018700 lombardo della collezione Koelliker<\/em> curata da Frangi e Morandotti. \u00a0 Entrambe a Milano, ma molte, tra mostre e convegni e pubblicazioni, si sono avuti a corona anche in altri centri della regione, ben prima, per altro, dell\u2019istituzione dell\u2019Assessorato all\u2019Identit\u00e0 Regionale.<\/p>\n

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Anche Busto non ha voluto essere da meno. Lo sforzo \u00e8 stato indubbio. Una settantina le opere, prestiti prestigiosi anche da musei esteri<\/strong>, come \u00e8 gi\u00e0 stato scritto dovunque: in particolare dal Louvre, dal Budapest, dal Prado di Madrid. Ma anche dalle collezione pubbliche e private del territorio e non solo.<\/p>\n

Ad oggi, i visitatori sono stati poco pi\u00f9 di 7000, circa 400 i cataloghi venduti.\u00a0 Tanti? Domanda cui \u00e8 difficile dare risposta. <\/strong>Sicuramente non pochi, in poco pi\u00f9 di un mese di apertura; sapendo inoltre 1) come sia generalmente complessa la recezione del pubblico in provincia di Varese all\u2019offerta espositiva, moderna o contemporanea che sia 2) conoscendo le difficolt\u00e0 di comunicazione in cui versano le istituzioni museali sul territorio con poche esclusioni 3) riconoscendo come siano poche le mostre veramente di alto profilo 4) ricordando tuttavia l\u2019exploit di una mostra come quella sui Celti, che con i suoi 10943, detiene probabilmente il record di affluenza degli ultimi anni.<\/p>\n

La mostra del Crespi inoltre \u00e8 ad ingresso gratuito, teoricamente dovrebbe invogliare un gran numero di persone in pi\u00f9<\/strong>, anche i non addetti ai lavori, anche i non specialisti. Una mostra perfetta, si diceva all\u2019inizio. Non essendo propriamente esperti della materia non ci permettiamo di fare appunti specifici nel merito delle singole opere.<\/p>\n

Qualche appunto negli aspetti pi\u00f9 di contorno, per\u00f2 l\u2019amico Spiriti ce lo consentir\u00e0.<\/strong> Innanzitutto l\u2019immagine scelta per rappresentare la mostra: il Ritratto dello scultore Marcantonio Prestinari<\/em>, opera \u201cpoco ricordata dalla critica\u201d, si legge nella relativa scheda, magari rischia di indurre a ritenere che il protagonista della mostra sia uno che ha lavorato di scalpello e di raspa piuttosto che con colori e pennello. Forse c\u2019erano opere pi\u00f9 significative da utilizzare anche tra gli stessi ritratti presenti.<\/p>\n

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Altro punto controverso: il colore di fondo dell’allestimento. Come sempre una questione delicata. <\/strong>Anche in questo caso, per quanto motivato in catalogo dal responsabile delle scelte allestitive, l’utilizzo del viola mosto, individuato per assonanza rispetto al ciclo degli affreschi della certosa di Garegnano a Milano e a quanto emerso dal restauro di Palazzo Cicogna, non \u00e8 parsa la miglior soluzione, almeno stando ai commenti raccolti.<\/p>\n

Abbiamo poi letto, come era doveroso, tutti o quasi tutti, i saggi presenti in catalogo. Profanamente, naturalmente.<\/strong> Ci siamo anche informati su tutti gli estensori dei saggi. Il curatore Andrea Spiriti, lo conosciamo, il suo curriculum \u00e8 sterminato, la sua bibliografia pure e fortemente specialistica proprio nell\u2019ambito dell\u2019arte lombarda e non ha quindi bisogno di presentazioni, tanto pi\u00f9 qui da noi dove, oltre tutto, \u00e8 docente presso l\u2019Universit\u00e0 dell\u2019Insubria.<\/p>\n

Anche gli altri, naturalmente sono eccelsi professionisti, ciascuno nel proprio ambito, ma nessuno, tranne alcune eccezioni, ci \u00e8 parso, in quello <\/strong>specifico di Daniele Crespi. Essendo la prima mostra monografica in assoluto dedicata all\u2019artista ci si chiede come mai non si sia riunito il fior fiore della critica che per anni si \u00e8 dedicata agli studi sull\u2019artista. Pensiamo a Nency Ward Neilson<\/strong>, ad esempio, autrice della prima monografia sul Crespi nel 1996, o agli stessi Frangi<\/strong> e Morandotti<\/strong>, autori a pi\u00f9 riprese di studi diversi su Daniele; o al decano Rosci<\/strong>, fondamentale conoscitore e divulgatore del primo Seicento milanese e piemontese; per non dire del bustocco Giuseppe Paciarotti<\/strong>, autore anni orsono di una tesi di laurea sul pittore e da allora a lungo frequentatore delle sue vicende. La domanda da profani appena un poco avvertiti delle vicende d’arte \u00e8: perch\u00e9 non compaiono tra le firme del catalogo?<\/p>\n

L’ipotesi di fondo del curatore \u00e8 che la mostra riveli un Crespi inedito; non semplice “pestante”, non un un pittore meramente ascrivibile alla cerchia controriformistica e borromaica<\/strong>, ma un artista proteiforme, “sismografo dei suoi tempi”,\u00a0 in grado di assimilare voracemente le novit\u00e0 da Roma, da Bologna, da Genova, fino a Vel\u00e0zquez, dovunque insomma ci sia materia per arricchire il bagaglio verso un pi\u00f9 definito classicismo. Ma soprattutto aperto alle pi\u00f9 disparate committenze religiose – domenicane, circerstensi, certosine, francescane – cos\u00ec come ai sorgenti sussulti scientifici o pitagorici-ermetici. Bastano queste nuove proposte a spiazzare la storiografia pi\u00f9 tradizionale e i suoi interpreti pi\u00f9 abituali e a non farli partecipi della partita?<\/p>\n

Semplici rilievi che fanno da contorno ad una mostra, senza voler entrare in questioni pi\u00f9 ardue di attribuzione di firme o di date.<\/strong> Per quelle ci saranno i posteri o studiosi dotati di\u00a0 strumenti critici ben pi\u00f9 acuminati dei nostri. E naturalmente senza per questo sminuirne la portata e l\u2019importanza. Che va ribadita e sottolineata. In un territorio e in una citt\u00e0 che, come tutte qui intorno, fatica a trovare una dimensione e una vocazione. Semplici dubbi che ci fanno pensare che forse la perfezione sia sempre una passo troppo in l\u00e0 rispetto alle nostre certezze.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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