L'esterno della villaL'esterno della villa

Paletti cronologici – Sono stati presentati al pubblico gli studi, ricchi di particolari e dati inediti, condotti da Andrea Spiriti e Laura Giacomini relativi alla dimora storica Perabò, situata all'interno del parco dell'Istituto De Filippi. Ad introdurre la serata, don Luca Violoni, assistente ecclesiatico dell'Università degli Studi dell'Insubria e amministratore unico del De Filippi. Un'occasione preziosa, quella di martedì sera, per conoscere le prove e i dati che illuminano, in modo definitivo e completo, le vicende storiche della celebre "casa da massaro" sulla collina, sgomberando il campo da passate e controverse ipotesi che collegavano gli affreschi ai temi della Riforma e alla presenza dei "Nicodemiti" in territorio varesino. I due studi saranno pubblicati in contemporanea sulla Rivista della Società Storica Varesina (dove Spiriti introdurrà la ricerca della Giacomini sulle vicende edilizie della Villa) e sulla Rivista Studi Trentini di Scienze Storiche (dove lo studio sugli affreschi e gli affondi iconografici firmati da Andrea Spiriti saranno introdotti dalla Giacomini).

Otium et negotium – Villa Perabò, secondo le ricerche documentarie di Laura Giacomini, condotte, tra l'altro, in Archivio di Stato a Milano e a Varese, risponde appieno al modello di residenza di campagna affermatosi tra Quattro e Cinquecento, destinato all'otium e all'amministrazione e controllo delle attività agricole. La villa, anche secondo quanto ci tramanda il letterato e giureconsulto Bartolomeo Taegio, cessa di essere semplicemente un luogo dove consumare giornate di ozio e di riposo al di fuori del contesto urbano, come era avvenuto nel secolo precedente, e risponde a precise

Andrea SpiritiAndrea Spiriti

esigenze funzionali, prima fra tutte quella di riunire in un solo complesso la dimora padronale e gli edifici destinati ai servizi. "Innanzitutto conviene ricordare – sottolinea la Giacomini – che l'attuale Villa Perabò era parte di un complesso edilizio più vasto che seguiva un impianto a "L". La costruzione, disposta su due piani e comprendente il portico oggi tamponato, appartenne per generazioni alla ricca e nobile famiglia varesina nota dal Duecento. L'architettura, regolare e simmetrica, è da collocare entro un arco cronologico compreso tra 1555 e 1561, essendo del 1552 il documento d'acquisto, da parte di Francesco Perabò, di un appezzamento di circa dodici pertiche nella zona di Biumo Superiore".

Modelli iconografici – Le scene affrescate, secondo la ricostruzione storica di Andrea Spiriti, raffigurano efficacemente momenti di vita paesana, comprendenti gustosi dettagli e scene di folklore, escludendo in tal modo riferimenti a tesi eretiche o alchemiche. Significativi confronti con opere dipinte e incise di Hans Bocksberger (1510-1569), con i minuziosi paesaggi di Van Eyck, con lo studiolo Arcimboldi a Viboldone o i celebri affreschi del Castello del Buonconsiglio di Trento, permettono di collocare i dipinti varesini entro il circuito europeo di modelli iconografici e stampe con temi profani e venatori.

Gli affreschi part.Gli affreschi part.

Verso nord – Così spiega Andrea Spiriti, accompagnando il pubblico nella visita agli affreschi: "Molte testimonianze di decorazione profana sono andate perdute e ciò contribuisce a fare apparire Villa Perabò come un caso isolato, privo di contesto e legami. Gli affreschi, tornati alla luce a seguito dei restauri del 1972, devono essere letti, per essere compresi nel modo corretto, entro il contesto storico e geografico che vede il Ducato Milanese in diretto collegamento col mondo fiammingo. Rapporti diplomatici e una generale prosperità economica legano, nella seconda metà del XVI secolo, la zona prealpina e il nord Europa, lungo un cordone di territorio che segue il corso del Reno".

Scene di vita contadina – Secondo Spiriti, sulle pareti della Villa si svolge un'autentica enciclopedia del folklore europeo con tocchi di umorismo bonario alla Rabelais, rimandi artistici a Lorenzo Lotto e Bosch, temi profani, come l'albero della cuccagna o la danza delle spade, desunti alla lettera da incisioni nordiche. Il tutto, incorniciato da un'elegante quadratura di architettura dipinta di tono classicheggiante che disciplina le scene spalancate sul paesaggio. "La narrazione affrescata – conclude Spiriti – invita lo sguardo dello spettatore a girare per il paesaggio dipinto, ricco di particolari naturalistici. Alcuni dettagli, come gli stemmi dipinti sulle bandiere, restano da passare alla disamina e la ricerca storica verrà approfondita: le diverse scene, come il "cavadenti" o la danza paesana, si mostrano particolarmente interessanti anche sotto il profilo sociologico e folklorico".