"Prof. Spiriti, qual'é lo stato dell'arte nella provincia di Varese?"
"Prima di tutto è evidente che esiste un'astrazione. Il concetto stesso di Provincia di Varese ha meno di un secolo di vita e come tale ingloba diverse realtà. In primo luogo la città, che ha ed ha avuto una serie di problemi di auto definizione di status di "città d'arte" e secondariamente la pianura, che per inevitabili motivazioni è proiettata verso Milano e la cui appartenenza al territorio provinciale varesino è come noto frutto di delicati equilibri politici dello scorso millennio. La dialettica qui andrebbe ricercata soprattutto con le realtà milanesi e comasche. Vi è di fondo, se si può dire, un problema di presupposti e prospettive talvolta non coerenti. Questo ha determinato in questi anni delle innegabili disomogeneità".

"Ci sono degli
aspetti che meriterebbero un'attenzione particolare?"
"A mio avviso manca quel sistematico sforzo di conoscenza territoriale, che solo può esprimere oggi la vocazione espositiva e conoscitiva di un'area. Cioè a dire, una città come Varese, o come il territorio varesino, hanno senso nel momento in cui fanno mostre che riscoprono il territorio e in cui riorganizzano il proprio sistema museale. Qui sicuramente ci sono stati dei passi avanti molto importanti, tanto a Varese quanto nel territorio provinciale. Penso a Busto, penso a Gallarate e a molte altre realtà. Un'evidenza particolare andrebbe data poi ai bei musei archeologici dell'area sud

Verbano, ma evidentemente c'è ancora molto da fare, e certo molto da fare nella percezione unitaria".

"Quali interventi si potrebbero mettere in atto oggi, per "centrare" le necessità di quest'area?"
"Vede, l'immenso patrimonio dell'architettura sacra ma anche dell'edilizia eclettica e liberty, altra area problematica, andrebbe fatta oggetto di ciò che ancora manca, ovvero un discorso preliminare di census. Questo processo di schedatura del conosciuto diciamo, rimane un passo fondamentale nello stabilire delle inevitabili seppure dolorose priorità. Ciò che credo vada evitato, al di là di qualsiasi considerazione, è quella cultura dell'emergenza che spinge sempre alla contrapposizione più ideologica che pragmatica su singole situazioni appunto emergenziali, piuttosto che ragionare sull'insieme e sul rapporto con il territorio".

"Quindi un panorama disomogeneo, in cui sicuramente non sono mancati sforzi scientifici importanti".
"Sforzi importanti tanto in sede analitica quanto in chiave di lettura complessiva. Qui non si può non citare, proprio perché impresa collettiva, la grande operazione cui la nostra università è madre della "Storia di Varese". Non dimenticando i numerosi e spesso valorosi contributi su singoli edifici, non possiamo che prendere atto della lontananza da un utopico obiettivo raggiunto."