Da Raffaello a Schiele inaugura una nuova "linea espositiva" a Palazzo Reale di Milano: la realizzazione di mostre delle più importanti collezioni museali di tutto il mondo non sempre note al grande pubblico e non sempre accessibili.
Al Museo di Belle Arti di Budapest (Szépmű vészeti Múzeum), attualmente chiuso per restauri, è conservata una ricca raccolta di opere d'arte, una delle più belle al mondo, con capolavori che vanno dal Medioevo al Novecento.

Un'occasione unica per ammirare un'accurata selezione di opere del più importante museo della capitale ungherese e per fare un viaggio nella storia dell'arte dal Cinquecento al Novecento. Raffaello, Tintoretto, Durer, Velasquez, Rubens, Goya, Murillo, Canaletto, Manet, Cezanne, Gauguin e tantissimi altri grandi artisti saranno presenti con opere straordinarie come la bellissima Salomè di Lukas Cranach il vecchio, Giaele e Sisara di Artemisia Gentileschi, le Sirene di Rodin e i Tre pescherecci di Monet. E ancora la Maddalena Penitente di El Greco, il Paesaggio di Lorrain, la Coppia di sposi di van Dyck e il San Giacomo di Tiepolo.

La mostra segue l'articolazione del grande museo ungherese e il corpus delle opere racconta, sala dopo sala, "la grande bellezza" dell'Arte, offrendo così al pubblico un museo "ideale", in cui ammirare le meraviglie del Cinquecento, Seicento e Settecento passando per l'Età barocca, il Simbolismo e l'Espressionismo, giungendo fino alle Avanguardie.

La ratio del concetto espositivo del Museo di Belle Arti di Budapest – frutto del desiderio di definire un'identità culturale autonoma che mette in dialogo l'arte ungherese con le diverse tendenze internazionali grazie ad opere cariche di significato – è riproposta all'interno del percorso espositivo che vuole essere la sintesi di una parte della Collezione del Museo stesso.
La prima sala (dedicata all'Alto Rinascimento italiano) è irraggiata dalla luminosa bellezza della Madonna Esterhazy di Raffaello (ca. 1508), gioiello di armonia e purezza che torna quindi a Milano. Entusiasmante ed eloquente è il confronto con le incalzanti passioni di Leonardo da Vinci, espresse nei disegni – come Studio di testa per la battaglia di Anghiari (1503-1504) – e in un memorabile bronzetto con un cavallo impennato. Accanto, di assoluta suggestione, è il dipinto mitologico di Lorenzo Lotto Apollo dormiente e le Muse (ca. 1549).
La seconda sala dedicata alla pittura della Serenissima, celebra l'apogeo della scuola veneta nel corso del XVI Secolo. La Cena in Emmaus di Tintoretto (ca. 1542) – opera spettacolare e grandiosa per la coraggiosa e innovativa composizione, la luce e la stesura del colore – troneggia accanto ai tre ritratti virili dipinti da Tiziano, Veronese (Ritratto di uomo, ca. 1555) e Moroni (Ritratto di un ufficiale di Venezia, ca. 1570-78), per un confronto ravvicinato tra grandi dell'arte. Accanto, perché storicamente collegato alla scuola veneta, è il genio solitario di El Greco, presente con due tele di fosforescente luminosità quali Maddalena Penitente (1576-1577) e San Giacomo Minore (ca.1595-1600).
Nella terza sala (il Rinascimento in Europa) sono messi a confronto dipinti di diverse scuole: fiamminga, italiana e soprattutto tedesca, a cavallo della Riforma luterana. La bellissima Salomé di Lukas Cranach il vecchio (1530) – con il suo inconfondibile fascino sensuale e insidioso – risplende accanto al Ritratto di giovane di Albrecht Dürer (ca. 1500 – 1510), opere che segnano il cuore dell'arte europea del primo Cinquecento.
Una serie di dipinti di soggetto sacro di Altdorfer (Crocifissione, ca.1518), van Heemskerck (Compianto sul Cristo morto, ca. 1540-45), e Bronzino (Adorazione dei pastori, 1539-1540) illustrano in modo affascinante l'evoluzione del significato dell'arte sacra nell'Europa tra Riforma e Controriforma.
Con la quarta sala che narra del primo Seicento si entra nella spettacolare parte della mostra dedicata all'arte barocca. La scena ruota intorno alla realistica e umanissima Scena di osteria di un Velazquez ancora palesemente sotto l'influsso di Caravaggio. Siamo nel 1618 circa.
Importante poi il confronto ravvicinato con Rubens di cui sono esposte due opere: una grande tela ispirata alla storia romana (Muzio Scevola davanti a Lars Porsena, ca. 1618-20) e un'espressiva testa di uomo barbuto a testimoniare il suo talento debordante.
Sempre in questa sala il drammatico Giaele e Sisara di Artemisia Gentileschi (1620) – dove Sisara è rappresentato, come sempre nelle opere dell'artista di questo periodo, con il volto di Agostino Tassi – e l'affascinante Fanciulla addormentata (ca. 1610-20), il cui autore resta tuttora un mistero.
La quinta sala (L'età barocca) allarga lo sguardo ad altre scuole del Seicento europeo. La luminosità mediterranea di uno stupendo Villa nella campagna romana di Claude Lorrain (ca. 1646) è un saggio del solare classicismo francese, confrontato con la nordica franchezza dei ritratti di Frans Hals e di Anthony van Dyck quali Ritratto di uomo (1634) e Coppia di sposi (ca. 1620); la dolce Sacra Famiglia dello spagnolo Murillo propone un saggio importante di pittura devota e insieme di affetti domestici. In questo contesto, il tratto personalissimo dell'inarrivabile Rembrandt nel disegno Saskia van Uylenburgh seduta accanto a una finestra (tra il 1635 e il 1638) porta una nota di struggente intensità.
La sesta sala (Il Settecento) è dominata da un dipinto spettacolare: il San Giacomo Maggiore il vittorioso di Giambattista Tiepolo (1749-50), splendente di diffusa luminosità. La scuola veneziana, autentica dominatrice della scena artistica del Settecento europeo, è rappresentata ai massimi livelli dalle vedute di Canaletto e Bellotto (rispettivamente La chiusa di Dolo, 1763 e Piazza della Signoria a Firenze, 1740), e dalla sensuale Betsabea al bagno di Sebastiano Ricci (1724).
Sempre in questa sala sono messe a confronto tre opere di Goya: un brillante ritratto femminile (Ritratto di Manuela Ceán Bermúdez, ca. 1790-93) e due piccole e intensissime tele dedicate al lavoro quali la Portatrice d'acqua (ca. 1808-12) e L'arrotino tra 1808 e il 1812.
Al centro la presenza inconsueta e accattivante dello Sbadiglio di Franz Xaver Messerschmidt (1771-1783) racconta l'arte uno dei più bizzarri scultori di tutti i tempi.
Il Simbolismo internazionale è il tema conduttore della settima sala dove saranno esposti diversi protagonisti ungheresi, come Joszef Rippl-Ronai con il grande e bellissimo ritratto di Donna con gabbia di uccelli (1892), o Janos Vaszary, la cui Età dell'Oro del 1898 evoca le atmosfere sognanti della Secessione, condivise anche dal viennese Maximilian Lenz (Un Mondo, 1899). Appassionante il confronto tra le opere di tema classico di Armold Böcklin (Centauro, 1888), Franz von Stuck (Il bacio della Sfinge, 1895) e Auguste Rodin (Sirene, bronzo, 1888) accanto al riferimento al simbolismo italiano, con Segantini e il bozzetto per l'Angelo della vita (1894-95).
L'ultima sala (dall'Impressionismo alle Avanguardie) raccoglie una serie di opere di pittura e di grafica tra il secondo Ottocento e il primo Novecento. Spiccano due tele di grande importanza storica: la Donna con il ventaglio di Edoaurd Manet (1862, in cui è ritratta Camille, la moglie di Monet) e la meravigliosa Credenza (1877), esemplare natura morta di Paul Cézanne. Il Picnic in maggio di Pal Szinyei Merse (1873) affianca le opere di Monet (Tre pescherecci, 1886), Van Gogh (Giardino in inverno a Nuenen, 1884) e Gauguin (Maiali neri, 1891).
Uno straordinario acquarello di Egon Schiele Due donne che si abbracciano del 1915, carico di nervosa interiorità, conclude il percorso dell'esposizione a chiusa di cinque secoli di grandi opere.

Da Raffaello a Schiele
Capolavori dal Museo di Belle Arti di Budapest

17 settembre 2015 – 7 febbraio 2016
Palazzo Reale di Milano
Orari
lunedì 14.30 – 19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica
9.30 – 19.30
giovedì e sabato 9.30 – 22.30
Biglietti
Intero > € 12,00
Ridotto > € 10,00
Ridotto Gruppi > € 10,00
Scuole > € 6,00