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La saga di Star Wars fa parte dell’immaginario di intere generazioni: proprio 25 anni fa, nel 1977, il primo episodio venne proiettato nei cinema americani. Per celebrare l’importante scadenza Giorgio Ghisolfi ha scritto il saggio “STAR WARS, L’EPOCA LUCAS. I segreti della più grande saga postmoderna”, edizioni Mimesis. Ne parlerà questo pomeriggio alle 16:30 LUGANO, presso l’Aula Magna dell’Università SUPSI Trevano.

Giorgio Ghisolfi è un regista esperto nel cinema di animazione che condivide la sua passione come divulgatore. Insegna infatti discipline attinenti all’audiovisivo, al cinema e al cinema d’animazone a Milano, a Varese – presso l’Università dell’Insubria e l’Istituto Universitario in Sicenze della Mediazione Linguistica – e a Lugano. Vanta grandi collaborazioni, come quella con Bruno Bozzetto e Enzo d’Alò e, tra l’altro, è ideatore e direttore di A-tube, the Global Animation Film Festival. Ghisolfi, affascinato dall’opera di George Lucas, ha indagato a fondo l’universo da lui creato offrendo al lettore delle chiavi inedite di interpretazione della saga: il percorso personale del regista, la sociologia e l’animazione. “Ho scoperto Lucas durante la mia adolescenza – spiega Ghisolfi – e l’ho riscoperto oggi interessandomi in modo accademico alla saga di Star Wars, che è anche un fenomeno culturale. Le sue diverse valenze toccano infatti un quarantennio ed è interessante indagarlo da un punto di vista accademico, riscoprendo la figura di George Lucas sotto il profilo culturale”.

“La storia del regista parte proprio dal disegno e dall’animazione. Ho utilizzato il ‘cinema d’animazione’ come fil rouge della mia ricerca perché l’universo di Star Wars è veramente enorme. Si è rivelata la scelta giusta perché questa forma di cinema ha agganci con molte arti ed elementi culturali e ciò mi ha permesso di espandere il discorso all’analisi non solo del contributo tecnico che l’animazione ha potuto offrire ai lavori di Lucas, ma anche agli ingredienti culturali ad essi legati”.

Ho definito ‘Epoca Lucas’ il periodo nel quale il regista crea le sue opere, passate poi nel 2012 alla Disney. E’ importante dividere i due tempi e individuare il momento nel quale si passa dal cinema tradizionale al cinema digitale, inaugurando la stagione del cosiddetto cinema postmoderno. Lucas porta dei valori nuovi nel cinema. Nel 1997 ha rinnovato la sua prima trilogia – uscita tra gli anni ’70 e ’80 – utilizzando degli strumenti digitali. Si è così chiuso un cerchio storico iniziato esattamente un secolo prima, nel 1897, con Georges Méliès, l’inventore del cinema di trucchi. Da Georges a George, dai trucchi fatti su pellicola, fotogramma per fotogramma, al cinema digitale fatto con computer”.

“Il lavoro di Lucas era simile a quello di in una bottega artigiane del Rinascimento – prosegue Ghisolfi – come in quell’epoca vennero canonizzate le arti figurative, scrivendo i primi trattati d’impronta scientifica, così anche Lucas operava all’interno del mondo del cinema: cioè recuperava l’artigianalità dell’effetto speciale della cinematografia, aggiungendovi l’impronta tecnologica della nuova tecnologia digitale. Coniugava arte e tecnologia fondando il ‘nuovo cinema digitale’, ovvero quello che sarà il nostro cinema di oggi: il cinema degli effetti”.

Una delle icone della saga di Star Wars è la spada laser. “La spada era stata un’intuizione semplice – scrive Ghisolfi – ma dagli esiti veramente grandi e inaspettati: c’è la luce, che si oppone simbolicamente all’oscurità, al lato Oscuro della Forza; c’è un richiamo all’etica romantico-cavalleresca, a una fantascienza feudale, quasi al fantasy; c’è anche il ricordo della Durlindana di Orlando, di Excalibur di Artù, c’è l’importante simbolismo della croce e non dimentichiamo che sarà l’Eroe a brandirla – anche questo un archetipo importante”. L’autore spiega che gli attori del film, in realtà, combattevano sul set con delle spade di plastica, poi trasformate in lame di luce grazie al rotoscopio: uno strumento dell’animazione importantissimo. Oltre all’uso delle prime cineprese a movimento compiuterizzato, uno degli importanti aspetti tecnici presi in esame è lo storyboard. L’album che raccoglie gli schizzi di ogni scena.

In “STAR WARS. L’Epoca Lucas” c’è tutto questo e molto di più: George Lucas è presentato nelle vesti di un Omero della modernità – un Omero Pop – e si legge dello “Zeitgeist”, lo spirito del tempo, toccando i temi del Vietnam, della crisi economica e politica. Si affrontano i temi del femminismo e della spiritualità, così viva nel saio francescano indossato dai maestri jedi e nel loro augurio “la Forza sia con te”.

Ancora una curiosità da scoprire: “il settore del merchandising legato ai film venne inventato proprio a partire da Star Wars! Prima si potevano trovare i poster e qualche maglietta con le immagini di una pellicola di successo, ma solo con la saga di Lucas si iniziò a fare una promozione di respiro più ampio, realizzando i  cosiddetti ‘prodotti derivati’: carte, pupazzi, video-games e anche fumetti. I proventi di questi oggetti relativi alla saga superarono addirittura quelli del film. Finanziarono il proseguimento del lavoro di Lucas e  integrarono l’universo narrativo della saga arricchendone il bagaglio iconografico”.

GIORGIO GHISOLFI, “STAR WARS, L’EPOCA LUCAS. I segreti della più grande saga postmoderna”, Mimesis

Presentazione del volume LUGANO, Aula Magna Università SUPSI Trevano

Lunedì 4 dicembre 16:30

Chiara Ambrosioni

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SANTA MARIA DI PIAZZA IN BUSTO ARSIZIO https://www.artevarese.com/santa-maria-di-piazza-in-busto-arsizio/ Fri, 27 Oct 2017 09:43:50 +0000 http://varesearte.it/?p=40737 Un importante anniversario come il cinquecentesimo compleanno di Santa Maria di Piazza non poteva certo passare inosservato, e Nomos è particolarmente orgogliosa della pubblicazione di questo volume, interamente dedicato alla chiesa cittadina e corredato da immagini realizzate anche grazie ad una campagna fotografica ad hoc. Ad aumentare il valore della pubblicazione – che vuole non solo celebrare Santa Maria ma anche rifletterne […]

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Un importante anniversario come il cinquecentesimo compleanno di Santa Maria di Piazza non poteva
certo passare inosservato, e Nomos è particolarmente orgogliosa della pubblicazione di questo volume, interamente dedicato alla chiesa cittadina e corredato da immagini realizzate anche grazie ad una campagna fotografica ad hoc.

Ad aumentare il valore della pubblicazione – che vuole non solo celebrare Santa Maria ma anche rifletterne la rilevanza storico-artistica – il gruppo di autori di assoluto prestigio gudiato da Pietro Cesare Marani e composto da Maria Teresa Fiorio, Luisa Giordano e Danilo Zardin, con l’indispensabile aiuto di
Franco Bertolli per la ricerca documentale.

Un volume nuovo, spiega Marani nella presentazione, in cui la storia del monumento si intreccia con la storia della devozione e della pietà dei bustocchi, e in cui il patrimonio artistico in esso custodito e preservato viene analizzato da differenti angolazioni e da diversi specialisti di settore, tirando le somme di
decenni di ricerche, di scandagli negli archivi bustesi e milanesi e di studi locali che hanno portato in luce testimonianze importanti e di prima mano sulle vicende fondative e sugli sviluppi di un cantiere che ha visto arricchirsi, e talora anche modificarsi, la propria fisionomia per oltre quattro secoli.
L’architettura nei suoi dettagli costruttivi e stilistici, il ricco apporto scultoreo, la decorazione ad affresco
della cupola e della chiesa, il Polittico dell’Assunta di Gaudenzio Ferrari
, il dibattito critico sulle più recenti
attribuzioni e la collocazione dell’edificio nella corona ideale dei santuari dedicati alla Vergine in Lombardia occidentale: ogni aspetto della chiesa viene raccontato, analizzato e spettacolarmente illustrato.
Un libro dunque, che non può mancare nelle case dei cittadini bustocchi, così come a nessun appassionato e conoscitore della storia dell’arte italiana.
La presentazione è prevista per Sabato 4 novembre alle ore 16.30 proprio nella splendida cornice della chiesa: il racconto degli Autori sarà guidato da Michele Tavola. In questa occasione sarà inoltre possibile acquistare il volume ad un prezzo speciale.
SANTA MARIA DI PIAZZA IN BUSTO ARSIZIO
“Chiesa di moltissima divotione, et fabrica non meno bella che vaga”
A cura di Pietro C. Marani
NOMOS EDIZIONI | € 35,00 | ISBN 978-88-98249-909
216 p a colori, cartonato | cm. 23 x 28
Elisabetta Farioli

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PIRANESI: MEMORIE (E RICCHEZZE) DEL SOTTOSUOLO DI ROMA ANTICA https://www.artevarese.com/piranesi-memorie-e-ricchezze-del-sottosuolo-di-roma-antica/ Fri, 20 Oct 2017 14:02:05 +0000 http://varesearte.it/?p=40838 Pierluigi Panza ha un po’ l’ossessione di Piranesi. Un’ossessione positiva che ha largamente segnato la sua vita. A partire dalla sua tesi di dottorato che verteva sull’incisore veneto alla successiva biografia, intitolata “La croce e la sfinge. Vita scellerata di Giovan Battista Piranesi”, Premio Campiello 2009, oltre a numerose altre pubblicazioni sullo stesso tema. Ora, […]

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Pierluigi Panza ha un po’ l’ossessione di Piranesi. Un’ossessione positiva che ha largamente segnato la sua vita. A partire dalla sua tesi di dottorato che verteva sull’incisore veneto alla successiva biografia, intitolata “La croce e la sfinge. Vita scellerata di Giovan Battista Piranesi”, Premio Campiello 2009, oltre a numerose altre pubblicazioni sullo stesso tema.

Ora, Panza ha realizzato “Museo Piranesi”, Skira Editore, 584 pagg., brossura, 45 euro, un vero compendio (frutto di un ventennio di lavoro), un censimento di quasi 300 marmi, partiti da Palazzo Tomati per le ricche magioni dei nobili dell’epoca. Una ricerca interessante e approfondita che, grazie alla ricostruzione, attenta e precisa di Panza, consente di capire il senso di un periodo storico piuttosto complesso.

Chi era Piranesi?
Gian Battista Piranesi (1720-1778) grande incisore, famoso soprattutto per le sue Vedute di Roma, era anche un mercante d’arte, oltre ché restauratore. In altre parole, soprattutto nella seconda parte della sua vita, la sua attività prevalente era quella di recuperare reperti che si trovavano numerosi nel sottosuolo della città attraverso scavi, anche clandestini, (Carandini le chiama: “Frattaglie che riemergono dal ventre della Capitale”), disfare i migliori pezzi, recuperando le parti più belle, e, dopo averle disegnate, realizzando splendide incisioni, catalogarli e poi venderli. Un affare davvero lucroso!
Ecco come descrisse questa attività il pittore contemporaneo – probabilmente invidioso – Vincenzo Brenna: «Piranesi ha fatto una raccolta così grande di marmi (palazzo Tomati), che oltre avere riempito tutta la sua casa ha preso moltissime botteghe nella sua strada che sono anche piene, e per tutto si lavora e tiene da trenta persone il giorno a lavorare li suoi marmi, ha guasi lasciato da incidere, e si è buttato a traficare di marmi antichi».
Un artista con lo spirito dell’uomo d’affari
E Piranesi vende questi pezzi antichi, spesso riassemblati con altri di epoche diverse o materiali contemporanei (bizzarri “pastiche”) a personaggi che dispongono di molto denaro: si tratta dei nobili dell’Europa del Nord, soprattutto Inglesi, abituati al Grand Tour in Italia, che, comprando oggetti e pezzi antichi romani, etruschi, greci, ornano le loro faraoniche ville, i loro palazzi, pensando così di accrescere il loro prestigio.
Una cosa del genere, oggi, per lo meno, ci farebbe gridare allo scandalo. Ma bisogna pensare che nella Roma del Settecento ancora non esisteva una sensibilità archeologica, come spiega bene Carandini. L’archeologia è una scienza piuttosto recente, che nasce dopo lo sviluppo della geologia, della stratigrafia del suolo (secondo quarto dell’Ottocento), e si occupa dei reperti antichi dal punto di vista del contesto in cui essi si trovano e che va ricostruito dando un senso alla storia che vi sta dietro.
Per l’epoca di Piranesi, questi oggetti, invece, sono soltanto pezzi da collezione, senza altro significato storico e culturale. E, ovviamente senza alcuna tutela. Purtroppo, ancora oggi, capita che certuni la pensino così. La mentalità in certi ambienti, dal Settecento a oggi, non sembra si sia poi così evoluta.
Bottega Piranesi, non solo profitto
E’ giusto, però, a questo punto far emergere l’aspetto positivo del lavoro di Piranesi. E’ vero che in un certo senso depaupera il patrimonio dell’antichità romana per i suoi interessi, li manipola, li stravolge per poterli venderli e li disperde in mezza Europa, ma è anche un estimatore dei monumenti, li disegna, ne fa delle incisioni, cerca di ricostruire Roma antica con oltre un migliaio di tavole e, anche se lo fa in modo un po’ fantasioso e immaginifico, il suo contributo alla storiografia è indubbiamente importante.
In sostanza, Pierluigi Panza, autore di “Museo Piranesi”, partendo dall’esame delle sue incisioni, cerca proprio di rispondere a questa domanda: l’artista veneto inventava i pezzi antichi che compaiono nelle sue stampe oppure esistevano davvero?
E per far questo Panza ha compiuto un lavoro davvero straordinario di catalogazione, di sistematizzazione, di schedatura per capire il successo della bottega “Piranesi” in quegli anni. E per farlo ha seguito il percorso dei vari reperti che sono partiti da Roma e sono approdati in Europa, in Inghilterra, perfino negli Stati Uniti.
Non sempre questa “caccia” ha dato esito positivo. Uno dei luoghi in cui si trova il numero maggiore di pezzi è il Museo Gustavo III di Stoccolma, oltre ai Musei Vaticani (il papato aveva una sorta di prelazione sui reperti romani) e il British Museum.
Anche le storie legate a questi reperti sono piacevoli da ascoltare. Molti nobili hanno negato di possederli e hanno rifiutato qualsiasi incontro, altri nel frattempo sono andati incontro a vari rovesci finanziari che hanno ulteriormente frammentato i loro beni.
Tutti questi retroscena, comprese le vicende legate alla morte di Piranesi e alle vicissitudini per la realizzazione della sua tomba, con raggiri e operazioni poco pulite, li ritroverete nelle pagine appassionanti del libro di Panza.
Ugo Perugini

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