Il Museo BaroffioIl Museo Baroffio

La prossima volta – Ci hanno riprovato, il Museo Baroffio, e i musei bustocchi, quello storico artistico di Palazzo Cicogna e quello del Tessile. Ma neanche questa volta sono riusciti ad ottenere il riconoscimento di "museo", a tutti gli effetti, da parte della Regione Lombardia. Rimane loro attaccata la determinazione di 'provvisorietà', per alcune inadeguatezze rispetto ai parametri imposti dai nuovi regolamenti in materia di legislazione museale. Non una bocciatura, sia chiaro, ma un invito, questo si, a mettersi alla pari, in modo più completo di quanto non abbiano fatto sin qui.

Monitoraggio 2007
– Sono alcuni dei risultati emersi recentemente dal secondo monitoraggio effettuato dal Pirellone sui musei lombardi che ambiscono a legittimarsi o come raccolte museali o come musei veri e propri. In gioco, oltre un quid di prestigio, anche la consapevolezza di avere le carte in regola, dal punto di vista dell'organigramma professionale così come delle norme spesso elementari ma ormai imprescindibili per la conservazione e la tutela del patrimonio. Al primo giro nel 2004, ventiquattro erano state le richieste di riconoscimento partite dalla provincia di Varese; in cinque avevano centrato l'obiettivo pieno (Musei Civici di Varese, Villa Panza, Gam di Gallarate, Museo Civico di Sesto Calende e Villa della Porta Bozzolo di Casalzuigno), tre erano stati riconosciuti solo "provvisoriamente musei", altri otto erano stati dichiarate raccolte museali. Otto, infine, tra cui illustri spazi museali come quello di Cerro di Laveno, e quello di Maccagno, 'bocciati' per somma di requisiti mancanti.

Il Museo Butti di ViggiùIl Museo Butti di Viggiù

Tre new entry – La nuova campagna di riconoscimento, elaborata nei mesi scorsi, ha invece visto affluire sui tavoli dello staff della Regione, coordinato da Alberto Garlandini, un totale di 12 domande; i tre citati, Baroffio, e i due di Busto, che hanno visto confermate le proprie posizioni di  musei provvisori e tre new entry, tra le raccolte museali: il Museo di Studi Patri di Gallarate al quale la Regione, raccomanda, tra le altre cose, l'adesione al Simarch; il Museo di ceramiche "Giuseppe Gianetti" di Saronno, invitato a garantire aperture anche nel periodo estivo e ad una maggiore sinergia con le altre realtà museali del tessuto cittadino; e il Museo Civico Butti di Viggiù, che forte di un conservatore inappuntabile come Nino Cassani dovrà meritarsi il 'grado' facendo più attenzione alla gestione degli spazi di deposito, all'eliminazione di alcune barriere architettoniche, alla valorizzazione della sezione dedicata ai Picasass.

Il bastone e la carota – Nonostante il mancato aggancio, note positive vengono tuttavia rivolte anche ai musei di Busto e al Baroffio del sacro Monte. Per quanto riguarda il Museo del Tessile e della Tradizione industriale si apprezza lo sforzo intrapreso nella integrazione dei due poli museali così come da sollecito del 2004, nell'ampliamento degli orari e nell'identificazione di un responsabile alla sicurezza. Manca, per arrivare alla piena titolarità, la formalizzazione del personale scientifico. Lo stesso appunto mosso anche a Palazzo Cicogna, privo di direttore e conservatore effettivi; anche lo storico-artistico di Busto tuttavia sta seguendo i consigli regionali: sono di questi ultimi i presidi climatici e di protezione per  le opere che hanno consentito lo svolgimento di importanti mostre come quelle dedicate a Daniele Crespi e a Tosi e migliorie di altra natura. Diverso l'appunto fatto alla direzione del Baroffio: cui invece vengono chiesti adeguamenti di orario, ma anche lo sviluppo della catalogazione e della didattica.

Scorcio del Museo SalviniScorcio del Museo Salvini

Gli altri, niet – A mani vuote, altri enti del territorio. E' il caso del Museo Salvini di Cocquio Trevisago, che tuttora, oltre a non possedere requisiti professionali ritenuti idonei, ha una sede non a norma e "senza certificazioni di legge"; della Gipsoteca di Marchirolo, priva "di istituzione e di regolamento" oltreché di personale scientifico; del Castello di San Vito a Somma, ancora privo di una ancorché minima forma di gestione museale delle proprie collezioni; del Civico Museo di Storia Naturale di Jerago che manca ancora di una catalogazione; della collezione di Adelio Colombo a Daverio, ancora del tutto aleatoria.

Riaprite quelle porte – Il rapporto 2007 si conclude con un monitoraggio di quelle realtà museali già riconosciute nel 2004. Una sorta di 'visita fiscale' di controllo per verificare il mantenimento degli impegni: rimanendo ai musei principali, se a Gallarate è richiesto di aggiornare il regolamento alla luce della futura apertura della nuova sede, più dettagliate le richieste che vengono inviate ai Musei Civici di Varese. Due su tutte in particolare: ripristinare la funzionalità della sezione etnografica, incaricando un conservatore specializzato e procedere al completo riallestimento di Villa Mirabello, ripristinando la sezione storica, quella garibaldina, per intenderci.