Un pennello sottile, paziente e riflessivo. Gli acquerelli di Carlo Giò esposti alla Galleria Ghiggini di Varese, sono delle emozioni fermate su carta cotonata.
"E' un'arte gentile – racconta Carlo Giò – nel senso che non è violenta, non spara, non esplode. Magrelli diceva che non è come un fuoco di un vulcano ma come il mormorio di una sorgente".
Stupore ed incanto, delicatezza e fascino d'altri tempi, Carlo Giò insegue le minute forme di petali, foglie, rametti, riflessi di vitrei recipinti cui da vita e luminosità, con l'accuratezza che richiede la copia dal vero.
"I miei soggetti sono solo fiori, – prosegue – facevo anche paesaggi ma la galleria Ghiggini aveva già un paesaggista ad acquerello, e allora mi hanno pregato di fare solo i fiori".
La leggerezza e la trasparenza delle velature sono esaltate dall'uso della carta, che assorbe e attenua il colore. Una tecnica che nei suoi tempi lenti e nei gesti misurati lascia spazio al pensiero di un precedere creativo fatto di silenzi e meditazioni.