La facciata della chiesetta di ErbamolleLa facciata della chiesetta
di Erbamolle

Tra una mostra e l'altra, tra un'intervista e l'altra, c'è sempre il tempo per tornare a scoprire monumenti e angoli più o meno noti delle Prealpi. La piccola chiesa di Santa Caterina se ne stà lì, quasi uno spartitraffico nelle strette vie di Erbamolle, frazione di Buguggiate, dove pure le auto sfrecciano a gran velocità. La primitiva costruzione certamente rispettava le dimensioni e l'aspetto murario comuni agli oratori Romanici della regione, ma nel corso del '600 e del secolo successivo, quello che doveva apparire quasi un piccolo oratorio subì non poche modifiche, come l'altezza delle pareti e l'allungamento della navata.

In facciata sopravvive un'ombra dell'originaria decorazione ad affresco. Ancora negli anni '60 si potevano vedere chiaramente le altre figure che oggi, purtroppo, soprattutto a causa dell'inquinamento, risultano solo delle offuscate sagome dai contorni incerti.

Ma lo spettacolo è tutto all'interno dell'edificio: gli affreschi più belli, che hanno conservato quasi intatti l'antica meraviglia e i colori brillanti, si trovano sulla parete sinistra: San Vittore a cavallo, Sant'Antonio abate, la Madonna con il Bambino, Santa Caterina d'Alessandria, San Rocco e una santa monaca. Gli affreschi esterni ed interni sono di Galdino da Varese e della sua scuola di allievi. Galdino firma nel 1498 gli affreschi della cappella della chiesa di S. Stefano a

Gli affreschi ad Ivrea di Martino Spanzotti, partic.Gli affreschi ad Ivrea di Martino
Spanzotti, partic.

Bizzozero e pure un bellissimo polittico oggi conservato nella chiesa di S.Vittore a Cannobio, sulla sponda piemontese del Lago Maggiore. Ma oggi sappiamo qualcosa di più anche sulla famiglia dell'antico pittore. Ricerche d'archivio hanno permesso di provare che Galdino apparteneva alla famiglia dei Campanigo da cui discende anche Giovan Martino Spanzotti, "il genio di famiglia", un grandissimo pittore che emigrò in Piemonte dove si stabilì e lavorò a lungo realizzando a Ivrea il suo capolavoro, uno spettacolare ciclo di affreschi nella chiesa di S. Bernardino, facente parte di un convento francescano.

…sapete anche voi come lavora il mio Martino… Dice che più che disegnare, bisogna colorare e che prima di colorare bisogna guardare, guardar tutto con cura, con amore, anche le cose che nessuno ha mai notato, forse per la semplice ragione che ci cadon sotto gli occhi ogni momento… E allora, sembra da ridere che un maestro cui han affidato un lavoro come quello, tutta la storia di Cristo su una parete, pensate un po', be', ecco, sembra da ridere che si fermi invece a parlar con la gente che passa per le strade e si porta nei campi, e che non finisca mai di guardarla, studiarla, quasi cercasse lì, in mezzo a quei poveri diavoli, chi potrà far la Madonna, chi il San Giuseppe, chi gli angeli, chi il Battista! Tante volte poi, verso sera, vedo che prende su e solo, gli occhi pieni di malinconia, se ne va in mezzo ai campi: 'Ma dove vai, o Martino?'; non mi risponde altro che così: 'Vado a veder come diventa notte nei boschi'.
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da Giovanni Testori, G. Martino Spanzotti: gli affreschi di Ivrea, 1958