Antime PariettiAntime Parietti

Espatri forzati – Pare sia nelle sorti e nella storia di Montegrino, piccola patria arrampicata sulle pendici della Valtravaglia, vedere partire i propri figli per andare lontano, in cerca di fortuna. Muratori, scalpellini, falegnami, abbandonavano in gioventù (ma continua a succedere ancora oggi) non facendovi più ritorno.
Gli artisti non facevano eccezione. Il caso del Piccio, quel Giovanni Carnovali che lasciò giovanissimo le rive del Verbano per lasciar scorrere la sua vita lungo gli argini del Po, non rimase insomma isolato.
Anche per questo motivo di espatrio forzato, necessità ricorrente per una terra un tempo così povera e remota, non molti hanno conosciuto la felice mano di un artista nato proprio a Montegrino, anzi a Bosco Montegrino, un secolo e due lustri dopo il Carnovali. Rientrato non molti anni fa nella sua terra, chiuse i suoi giorni nel giugno del 2002, nella bella casa in cui ritornava ogni estate da emigrante fortunato.

Parietti , l'europeo – Massimo Antime Parietti
, venuto alla luce nella corte di Ca' d'Matté il 18 dicembre del 1914, da mamma Melania e da Romano, un prolifico emigrante morto nella Grande guerra dopo aver generato il suo ottavo figlio, visse i più importanti anni della sua attività artistica a Soletta. Negli anni Cinquanta, da artista ormai affermato, sotto la guida e l'interesse di Hans Muller, di Hans Berger e Cuno Amiet, il Parietti fu in contatto con importanti gallerie di Berna, Zurigo, Lucerna, Basilea dove espose più volte i buoni frutti del suo attivissimo lavoro d'artista. In gioventù, accettando lavori saltuari e di fortuna, aveva invece frequentato il sud della Francia e la capitale francese. A Parigi era stato in amicizia tra gli altri con Alberto Giacometti, "scoprendolo" con fiuto di collega prima che il personaggio diventasse tale anche agli occhi degli altri.

Un'altra immagine dell'artistaUn'altra immagine dell'artista

Tra la Val Bregaria e Brera – Parietti si sentiva oltremodo attratto e incuriosito dallo scultore, dal suo aspetto fisico un po'stralunato sotto il tosone dei capelli, dagli atteggiamenti di uomo taciturno e stravagante. Gli piaceva recarsi nello studio di lui, osservarlo per ore, standosene assorto nella contemplazione di quell'amico così particolare che diceva poco e lavorava tanto con le grosse mani di contadino. E che gli concedeva di ritrarlo mentre dava forma alle sue filiformi creazioni, come dimostrano certi disegni a china che Antime si riportò in patria al ritorno.
Lo scultore della val Bregaglia non fu per Parietti il solo importante artista frequentato nel corso di un' esistenza trascorsa sempre al seguito dell'arte. A Brera suo amato maestro era stato Aldo Carpi.

El Pepin el gha i pée d'or – L'allievo ricorderà di Carpi, oltre che le capacità didattiche, la profonda umanità. Ma non dimenticherà neppure il precedente e sconosciuto maestro, un insegnante di affresco della milanese Cooperativa dei pittori. Capace, ma severo e iracondo di modi, possedeva un nome imponente come il suo aspetto: Leonida Biraghi.
La vocazione per l'arte di Antime – unita alle difficili condizioni economiche della poverissima famiglia – gli aveva fatto compiere un precoce balzo verso la vita. Partito ancora bambino per Milano, rimase ospite fino ai diciannove anni all'istituto per giovani operai di via Benvenuto Cellini.
Gli capitò d' incontrare lì un giovane timido più di lui, impegnato a tirar calci al pallone nel cortile del collegio. Uno dei monsignori dell'istituto diceva di quel ragazzo:"El Pepin el g'ha i pèe d'or'".
Si scoprì in seguito che il monsignore se ne intendeva. Di cognome il Peppino faceva Meazza.
Le baruffe e i ceffoni del Biraghi all'appena dodicenne Antime, allievo di affresco alle prime armi, permetteranno però a quest'ultimo di apprendere a puntino tale arte.


Un olio di PariettiUn olio di Parietti

La guerra e la fama – Ha scritto Franco Vercelotti a proposito dell' apprendistato milanese di Parietti : "Erano, quelle scuole, la vera palestra per la vita di un pittore… Tempi in cui erano solo i pittori che gestivano la pittura. Le patenti e i meriti venivano coralmente assegnati già nello stesso ambiente dei corsi, perché là a fondo si potevano riconoscere le qualità. I maestri consacravano i loro allievi, gli allievi consacravano i loro maestri".
La severa scuola servirà al Parietti quando sarà chiamato a lavorare in alcune chiese milanesi, al cimitero monumentale di Milano e ancora al teatro Impero di Varese, dove operò al seguito di Giuseppe Montanari. Gli capiterà, negli anni della guerra, di affrescare anche il palazzo di re Zogg, in Albania, prima che il secondo conflitto mondiale smascheri il definitivo volto della spietatezza degli invasori tedeschi. Le sorti dell'esercito italiano, dopo il ‘43, gli imporranno poi di lasciare l'Albania e di cercare rifugio in terra elvetica, a Berna. Avrà qui un altro incontro importante della sua vita, quindici giorni di consegna nel campo di internamento di Burgdorf, con Giuseppe di Stefano.
Gli anni del dopoguerra, quelli del matrimonio con la svizzera Marie Louise, delle amicizie importanti, della vena di collezionista fine e appassionato, riveleranno la raffinata arte al cavalletto di Parietti, che gli procurerà diversi estimatori. Oltre a Amiet, Muller, Berger, anche l'amico gallerista Dobiasciosky, che contribuì a farne conoscere le opere in giro per l'Europa.

Un'opera di PariettiUn'opera di Parietti

L'omaggio senile all'illustre compaesano – Innamorato come il conterraneo Piccio della pittura en plein air, Parietti ha saputo dimostrare bravura e varietà di tematiche e di tecniche, dal disegno all'olio, alla tempera, alla ceramica, all'affresco di cui è rimasta testimonianza anche nella galleria all'aperto di Arcumeggia. Ritratti e nature morte, soggetti floreali e paesaggi, niente gli riusciva difficile. Un' interessante serie di opere astratte realizzò negli ultimi anni di Soletta – quando il dolore per la morte di Marie Louise lo sopraffece – prima del definitivo ritorno in patria.
Riprese a dipingere, nella casa di Bosco, dopo aver ritrovato la serenità degli anni senili con la seconda moglie, Gabriella. Alternava all'uso dei pennelli il suo amore per il giardinaggio e per i fiori, una delle tante passioni della sua lunga e complessivamente felice vita. Rivelava un carattere del tutto sincero, ora generosissimo e mansueto – con punte di candida malizia – ora improvvisamente impetuoso, come succede a tutti gli artisti bravi e schietti.
Da buon montegrinese, insomma, il Parietti un po' strambo lo fu anche lui, proprio come il Piccio, che il nostro volle omaggiare da compaesano attingendo con fedeltà da uno degli autoritratti dello stesso Carnovali.

Ricompensato dalla pittura
– Diverse rassegne, a Varese, Luino, Milano, Bergamo hanno illustrato in anni recenti l'attività del Parietti e la sua buona pittura. La speranza è che rimanga giusta memoria.
Concludeva Vercelotti in un nota celebrativa scritta per l'antologica di Palazzo Verbania realizzata nel '94 in occasione dell'ottuagenario del Parietti :"Con questa coscienza a posto Massimo Parietti ha vissuto di sola pittura. Può parlarci di Aldo Carpi, di Giuseppe Montanari, di Cuno Amiet, suoi ‘compagnons de route', può dirci del tanto lavoro fatto e delle tante esperienze. Ma soprattutto può confidarci che è felice di dipingere ogni giorno e che la pittura è una ricompensa".
Lo è stata davvero per lui, fino agli ultimi momenti della sua vita