Imitatio Benedicti – Gli episodi salienti della vita di San Benedetto, raccontati in otto ovali dipinti a buon fresco. E' il risultato a cui è giunto il lavoro, appena concluso, di restauro conservativo nell'ex convento di  Sant'Antonino, in pieno centro a Varese. Un complesso fatto edificare "forzatamente" da Carlo Borromeo nella seconda metà del 500' a seguito delle controversie suscitate per la soppressione del più antico Convento Sant'Antonino a Luvinate.

Questo sconosciuto – Si tratta di uno dei complessi architettonici tra i più noti agli studiosi. Qui hanno lavorato il Magatti e il Baroffio,  che vi lasciarono lo splendido ciclo affrescato visibile nell'ex refettorio, l'attuale Sala Veratti, ora spazio espositivo di proprietà dell'amministrazione comunale varesina. L'interno vero e proprio del chiostro è invece tutt'oggi un edificio meno conosciuto ai varesini, il cui sguardo si ferma proprio alla contemplazione ammirata del chiostro e dei suoi eleganti portici, sormontati da arcate.

Di passaggio in passaggio – Qui storicamente, le monache avevano il compito di educare le bambine del borgo. Alla fine del '700 venne soppresso e acquistato da Pietro Veratti che ne cambiò la destinazione d'uso: vi aprirono abitazioni e botteghe, in una scansione degli spazi rimasta fino ai nostri giorni. Sempre di proprietà degli eredi Veratti che non hanno mancato di rispettare un principio: recupero e valorizzazione. La sala delle educande, dove sono riemersi gli affreschi,  fa rivivere la storia: per un attimo immaginiamo la vita delle monache e l'attività didattica impartita prendendo a modello l'iconografia delle storie della vita di San Benedetto.

L'intervento architettonico – I lavori per il recupero funzionale e utilitario degli spazi interni sono stati autorizzati dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Paesaggio e seguiti dal funzionario di zona, l'architetto Giuseppe Stolfi: "L'intervento – spiega – è stato mirato al massimo mantenimento della materia esistente, vale a dire il recupero e la valorizzazione degli otto affreschi ovali".
L'architetto Luciano Marè conosce bene questo luogo dove ha curato i lavori degli spazi interni. "All'epoca dell'esecuzione degli affreschi – illustra – la sala era uno spazio unico con tre volte, i successivi interventi ottocenteschi adottarono la scelta di suddividere il locale in tre stanze con setti murari a sostegno della volta centrale e sovramessi a parte dei due affreschi laterali che erano coperti dallo scialbo".
Nella prima stanza venne fatta una finta volta 'a cannette' sottostante l'originale muraria, che è stata rimossa creando, tra l'altro, aperture laterali nei setti murari. Obiettivo principale: la rimessa in luce del salone originario per facilitare una lettura unitaria degli affreschi recuperati.

L'ipotesi del maestro – Responsabile dei lavori di restauro pittorico, Fulvio Baratelli, della società Arkè spiega come si è arrivati all'esito finale. "Nella sala erano visibili solo due piccole quadrature che ci hanno fatto supporre la presenza di un intero ciclo sottostante l'intonaco. Dopo le prime analisi effettuate sia a luce radente, sia con analisi stratigrafiche, abbiamo identificato il tratto dell'incisione per il riporto del cartone nelle restanti pareti; un tratto deciso e di alta qualità che fa supporre l'esecuzione per mano di un maestro". Al momento nessuna certezza circa la paternità dei dipinti, per questo occorrerà svolgere ricerche approfondite.

Iconografia non del tutto leggibile – L'intervento di rimozione degli strati di scialbo ha privilegiato l'utilizzo di metodi tradizionali e non innovativi. L'applicazione del laser è una tecnologia preziosa sia nella medicina, sia per beni culturali, i restauratori dello studio Arkè la utilizzano da tempo, ma non in questo caso. "Il laser – spiega Baratelli – non è efficace con lo scialbo di colore chiaro". Un lavoro minuzioso. "Abbiamo dovuto rimuovere circa 20 strati, riassumibili in pochi millimetri – utilizzando paste ammorbidenti e meccanicamente, consolidando tra un'operazione e l'altra". Degli affreschi recuperati solo due risultano ben conservati e leggibili, negli altri casi la traccia è sottile a colori tenui. L'intervento estetico ha 'risarcito' le mancanze causate dal tempo e da tutti quei passaggi irrispettosi.