Gaudenzio Ferrari, Uomo con berretta rossaGaudenzio Ferrari, Uomo con
berretta rossa

É bello nei giorni in cui l'autunno smorza i colori, investendoli tuttavia d'una struggente luce dorata, vagabondare per la Valpadana, qua e là in giro per mostre che indagano l'età d'oro del Rinascimento. Mostre senza clamori, di dimensioni ridotte, ma lungamente pensate e curate con amore, non tambureggianti eventi molto spesso corsivi e qualche volta deludenti al punto da non lasciar traccia.

Si può incominciare il giro dalla Valsesia, terra di artisti di grande forza e di altrettanto grande poesia: Gaudenzio e i fratelli D'Enrico – Melchiorre, Giovanni e il Tanzio – e poi il Pianca e gli artisti del legno con le loro statue e i loro altari strepitosi… A Varallo, dominata dalla tozza altura del Sacro Monte, una piccola, piccolissima mostra – tre opere in tutto – intende stabilire, più di un confronto, un legame sentito fra un eccezionale maestro, Gaudenzio Ferrari, ed un pittore, suo collaboratore almeno per un certo periodo: Fermo Stella da Caravaggio. In una sala della locale Pinacoteca ricca di tante pregevoli opere sono state accostate, a cura della direttrice Carla Falcone, una Testa di uomo con berretta rossa fieramente espressiva ed una Testa di giovane vibrante nella torsione del collo, tutte e due opera di Gaudenzio, ed una delicata, fin pudica Testa di santa di mano dello Stella.

Restaurati di recente, questi tre lacerti di affreschi, destinati a restare per sempre in Pinacoteca, possono diventare uno sprone per andare a cercare altre loro opere sparse in un territorio ampio, fra Valsesia e Valtellina, così da poter apprezzare in tutta la complessità ed il fascino la straordinaria vicenda di quel "pittor nuovo" che fu Gaudenzio e del suo largo seguito, fedele certo, eppure coi suoi puntigliosi distinguo.

Se a Varallo si é fatto sosta – e non si può fare a meno – davanti alla parete divisoria di Santa Maria delle Grazie

Bramantino, La fuga in EgittoBramantino, La fuga in Egitto

con la travolgente rappresentazione delle ventuno storie della vita di Cristo dipinte con amore e pietà dal Ferrari, diventerà un obbligo, nel tour intrapreso, fermarsi anche davanti ad un'altra grande parete dipinta, quella di Bernardino Luini in Santa Maria degli Angeli a Lugano: pur con tensioni diverse, tutte e due sono percorse da un epos incalzante, fremente nel sentimento del dramma. Da Lugano è agevole raggiungere Rancate, nel Mendrisiotto, dove nella Pinacoteca Cantonale Giovanni Züst si è aperta una mostra, assolutamente da vedere, su Il Rinascimento nelle terre ticinesi. Da Bramantino a Bernardino Luini, curata con maestria ben concertata da Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa e Marco Tanzi.

E qui, accanto a sculture di forte presa (la Vergine svenuta da Cusago in primis) e ad un arazzo su cartone dello Zenale si scoprirà un altro grandissimo pittore, eccentrico e diverso come tutti i "pittori nuovi": il Bramantino, autore della Fuga in Egitto alla Madonna del Sasso di Locarno, riletta sui Vangeli apocrifi, un'opera sapientemente impaginata nel paesaggio che si slontana in torri e castelli e nell'andamento piramidato e monumentale delle figure dal sembiante sfuggente. Ma di questa rassegna, che ha un'appendice alla Sala

Giulio Campagnola, AstrologoGiulio Campagnola, Astrologo

Veratti di Varese, dove sono esposte due tavole di Francesco Tatti, già si é scritto su Artevarese.com e ancora si scriverà anche per proporre altre testimonianze del dorato momento rinascimentale che occorrerà andare a cercare apposta, sulla scorta dei suggerimenti degli studiosi che hanno concorso a realizzare questa mostra.

Sempre vagabondando, si può arrivare lontano e non, questa volta, in tranquilli luoghi prealpini, bensì in una città di grandi, auliche tradizioni anche perché sede di un'Università dal 1222: Padova. Nel Museo agli Eremitani s'è aperta una mostra tutta dedicata a Giorgione a Padova; in essa e nel catalogo di Skira studiosi di vaglia avanzano l'ipotesi che la arcifamosa Tempesta di Zorzi da Castelfranco sia stata commissionata proprio a Padova e lì forse anche eseguita. Non é solo lo stemma dei Carraresi, i signori di quelle terre, dipinto su una torre a provarlo, ma sono anche riferimenti topografici, oggi più definiti anche per merito di complesse elaborazioni informatiche: la cupola della chiesa del Carmine, le porte, le torri, il castello, il ponte in legno,

Giulio Campagnola, Astrologo (partico.)Giulio Campagnola, Astrologo
(particol.)

uno degli otto che scavalcavano il Medoacus.

Anche per l'armigero a fianco della "cingana" allattante (allusione a Padova costretta a nutrire Venezia) gli studiosi hanno trovato una motivazione patavina: si tratterebbe di Antenore che, venuto via da Troia, fondò appunto questa città. Sono ipotesi di forte suggestione, per certi versi anche sostenibili, che si aggiungono alle innumerevoli altre, altrettanto pertinenti, ipotesi avanzate intorno alla Tempesta; al di là di esse val la pena di veder questa rassegna anche perché, oltre a dipinti di Giorgione e di artisti a lui coetanei (fin una Madonna col Bambino e Santi del Luini), essa permette di conoscere a fondo le straordinarie capacità grafiche del padovano Giulio Campagnola, giovane di grande cultura (conosceva il greco, il latino e l'ebraico) oltre che pittore, miniatore e musicista. Fu amico intimo di Giorgione e con lui partecipe di quella cultura ermetica neoplatonica sviluppatasi a Padova ed a Venezia, poi trasfusa nelle opere con sottili allusioni simboliche al punto che la vera ragione della presenza di questa o di quest'altra immagine forse non la conosceremo mai fino in fondo.