Busto A. – Il virus domina il nostro tempo. Molte persone confidavano nell’autunno per vedere il ritorno a una vita normale, per investire fiducia nel futuro e poter ricominciare. Invece le aspettative sono cadute, ingoiate da un vortice che di giorno in giorno affonda speranze, sogni e utopie.
È complicato sopravvivere in questi mesi di lockdown, calati in una realtà quasi surreale, dominata dai colori giallo, arancio e rosso, diventati arbitri della nostra liberà: una tavolozza nella quale intingere il pennello e iniziare un dipinto nuovo, originale, intitolato “Forse, domani…”
Immaginare universi e mondi diversi è la capacità di tutti gli artisti che, attraverso le proprie opere, riescono a imprimere forma alla fantasia. Ad alcuni di loro abbiamo chiesto come vivono la propria creatività in questa prigionia da Covid-19.
Iniziamo con Ivo Stelluti, professionista dell’ambiente e, per passione, pittore poliedrico, performer, musicista, scrittore.

“L’arte in smart-working e l’artista in “telelavoro”, sono concetti che non possono esistere, almeno secondo il mio modo di operare. – Spiega l’artista -. Quelle che realizzo sono opere materiche, hanno uno spessore, una “profondità di campo”. Vanno gustate dal vivo. Se tramutate in megabyte, perdono gran parte della loro essenza. Inoltre l’arte che mi piace diffondere presuppone un vissuto, una storia, uno scambio di opinioni; è narrazione arricchita da musica e parole: la bidimensionalità non è proprio nella sua natura. In questo periodo di lockdown nella mia mente si è creato un vuoto totale, un’ombra di attesa. L’unica opera alla quale ho messo mano è un precedente lavoro dal titolo ”Nucleo”. Si tratta di un “lampaquadro”, un vero e proprio lampadario, al quale sono state strappate le luci, la sua ragione di vita. È quindi rimasto solo un pannello grigio, silente, muto. Ho voluto simboleggiare l’assenza, generata dalla tragedia che stiamo vivendo, la mancanza forzata di rapporti sociali, di quei piccoli gesti che illuminano la nostra vita come i sorrisi e gli abbracci. Rimetterò nuove lampadine all’opera e la farò rivivere soltanto al sopraggiungere di qualche buona notizia, quando la crisi sarà finita e tornerà la luce nel mondo. Nient’altro”.

Cosa ti manca di più oltre alla libertà?
“Gli amici che riempivano in continuazione la mia casa, l’aria frizzante delle montagne e naturalmente avere sulla scrivania un biglietto d’aereo prenotato. Mi faceva stare bene e mi aiutava a sopportare meglio la quotidianità”.

Come ricorderai e racconterai al tuo bambino l’anno 2020?
“Essendo il suo primo anno di vita è un buon termine di paragone: tutti gli altri saranno senz’altro più belli! Gli racconterò che bisogna imparare a stare nel proprio nido prima di poter spiccare il volo. Se vogliamo trarre un insegnamento, questa esperienza ci mostra come amare il “qui e ora”, apprezzare il presente, visto che siamo costretti a farlo, senza dover per forza essere proiettati nella programmazione spasmodica del futuro”.

Quale scia, quale segno pensi possa lasciare nell’uomo, e in particolare negli artisti, questo periodo? Le opere realizzate in questo anno drammatico da cosa si riconosceranno?

“A emergenza finita sicuramente avremo modo di riflettere riguardo a tanti temi collaterali, come ad esempio la mobilità sostenibile. Sono davvero poi così necessari tutti questi spostamenti o abbiamo imparato a farne a meno?
Inoltre è stata messa in dubbio l’“invincibilità” dell’uomo e questo si rifletterà sulle opere. A me piace pensare che al termine della pandemia sboccerà un grande periodo di energia e rinnovamento. Questa tragedia non è certo paragonabile a una guerra, perché ha differenti caratteristiche; ma provate a pensare al secondo dopoguerra: negli anni ’50, proprio per reazione al vuoto, c’è stato un fiorire di movimenti e di idee che si è protratto per quasi vent’anni. La paura allora è stata dimenticata in fretta. Mi auguro quindi, per il tempo che verrà, non soltanto un recupero economico, ma un’esplosione di vitalità, di voglia di fare, di stare insieme: mostre, incontri, concerti e cultura. Speriamo davvero e attendiamo fiduciosi”.

E.Farioli