Un tesoro "nascosto" – Nel 1900 ad Arcisate, in circostanze poco chiare, venne alla luce un tesoro formato da cinque oggetti in argento risalenti all'epoca romano-repubblicana: venduto a un mercante di Budapest fu poi ceduto al British Museum per la somma di 200 sterline. Ma attenzione: con la parola tesoro, in archeologia, si intende un insieme di manufatti preziosi nascosti in una particolare occasione, allo scopo di essere poi recuperati.

Un banchetto sontuoso o altro? Il presunto tesoretto è formato da quattro vasi di argento, una brocchetta, un colino, un attingitoio e una coppa. Questi oggetti sono interpretati dagli archeologi come gli elementi necessari per la preparazione del vino nel mondo antico. In antichità, infatti, il vino non si beveva puro durante i banchetti, ma veniva mescolato con acqua e sostanze aromatizzanti, per poi essere filtrato e versato nelle coppe. La consumazione del vino e il banchetto non erano semplici azioni, ma si coloravano di un forte significato sociale, distinguendo l'aristocrazia dal resto della società. Completa il tesoro una specie di lama lunga e appiattita, detta "spatula", interpretata come parte di un corredo da toilette femminile, usata per prelevare profumi e oli.

La ricerca – Gli oggetti offrono molti spunti di interesse, come il materiale e la datazione. Infatti l'argento in

Gli argenti di ArcisateGli argenti di Arcisate

epoca romana era prezioso, presente soprattutto nelle famiglie nobili. In particolare il vasellame d'argento si diffuse presto nelle città della Magna Grecia, mentre fino alla metà del II secolo a.C. fu raro nel resto d'Italia. Da quel momento in poi, l'argenteria destinata al culto, alla casa divenne più frequente, soprattutto presso i ceti medio-alti , che consideravano questi oggetti come degli status symbol. Questo spiega perché vasi in argento furono nascosti con monete e altri gioielli sotto forma di tesoretti, oppure furono posti come offerte nei corredi tombali o donati agli dei. La datazione del tesoro di Arcisate, soprattutto in base a confronti con materiali pompeiani, viene attribuita alla prima metà del I sec. a.C. e il luogo di produzione sarebbe genericamente l'Italia centrale.

Come è arrivato il tesoro ad Arcisate? È questa la domanda dalla più difficile risposta. Il Varesotto e più in generale la Lombardia vissero fra II e I sec. a.C. il fenomeno conosciuto come romanizzazione: le popolazioni locali, di stirpe celtica, stavano progressivamente assumendo usanze e costumi romani, pur mantenendo in uso oggetti di tradizione locale. In questo processo di osmosi giunsero dal centro Italia prodotti di lusso che entrarono in possesso delle élite del luogo. Arcisate, come si deduce dal nome stesso, terminante in -ate, doveva essere stato frequentato già dall'epoca celtica e risalgono all'epoca romana epigrafi dedicate ad alcune divinità.

Gli argenti di PompeiGli argenti di Pompei

Gli Utii – Un aiuto a trovare la risposta che si cerca è fornito dai nomi incisi sugli stessi oggetti, che ne identificano i proprietari. Sono due i personaggi citati, Tito Utio e la figlia Utia, che, come hanno dimostrato gli studi onomastici, erano originari del centro-Italia. E probabilmente si erano spostati al Nord per motivi commerciali, secondo un'abitudine diffusa già dal II secolo a.C. fra gli imprenditori italici. Non sembra essere un caso, fra l'altro, che portasse lo stesso nome Utio un importante imprenditore vissuto nel I sec. a.C., legato allo sfruttamento di miniere di argento.

Risolto il mistero? Arrivare a risultati sicuri in archeologia è difficile, e ciò che è scritto oggi domani potrebbe essere già smentito. È bello però creare delle suggestioni, e pensare chi gli Utii, padre e figlia, per motivi commerciali si trasferirono nel Varesotto, portando con sé gli oggetti più cari e preziosi. E chissà, forse proprio in queste terre Utia morì e fu poi sepolta assieme ai suoi argenti, che a distanza di secoli mantengo inalterato il fascino che esercitavano sugli antichi proprietari.