Dopo le grandi antologiche Visioni nomadi/Visions Nomades allestite prima al Musée d'Art et Histoire di Neuchàtel a cura di Antonia Nessi e poi al Museo Cantonale di Lugano a cura di Cristina Sonderegger, Renzo Ferrari presenta, dal 14 novembre, l'opera su tela e su carta degli ultimi tre anni: 50 lavori di varie dimensioni che trovano sintesi nella impressionante progressione dei grandi quadri: Stilleben Piazza Italia (2013); Night, gli sposi e l'uomo ragno (2013); Simbiosi in sommer (2014); Canicola, portraet Kelemu, melancoly (2015); Finis, Rot hommage a Hogarth (2015).
È un linguaggio il suo del tutto innovativo, un fremito e una emozione che senza iato percorre la tela e fa di questo artista il protagonista di una rappresentazione senza margini, senza repliche, del nostro tempo e della storia dell'arte contemporanea. Dagli anni inquieti della sua 'educazione ambrosiana' (accademia di Brera, abitazione e studio a Milano), da quando la sua è una pittura della perdita di una fisionomia e identità contadina e vallerana, Ferrari affronta le mutazioni profonde attorno e dentro la sua generazione.
Nello sviluppo degli ultimi due decenni, irrompe sulle sue tele una messa in scena ostile e ironica, grottesca e drammatica della realtà che viviamo e 'World diary' è ciclo di lavoro che si confronta con un'attualità mediatica di conflitti e belligeranze.
Il diario nel suo febbrile prodursi di cronache si intervalla e alterna con cadenze di pagine potenti ed emozionate di 'diario domestico'. Opere queste dedicate a una quotidianità 'intimista e familiare, "antidoto" – dice il pittore – e antemurale al dramma del presente.









