Milano – In arrivo, all’aeroporto di Milano Malpensa, sette sculture dell’artista Fausto Melotti. In realtà è un ritorno, “La magia di un ritorno”, come recita il titolo della mostra curata da Flavio Arensi, che propone le opere realizzate in pietra dall’artista trentino nel 1961, intitolate” I Sette Savi”. Dal 16 maggio, con inaugurazione alle ore 15, al 29 febbraio 2020 in un nuovo allestimento progettato da Michele De Lucchi, sarà possibile ammirare, a La Porta (Terminal 1) le opere nel loro splendore.

I sette Savi, Fausto Melotti. © Pierantonio Tanzola

In origine, il lavoro venne commissionato dal Comune di Milano per adornare il giardino del Liceo Classico Giosuè Carducci di via Beroldo, e fu selezionata da una commissione composta dagli architetti Piero Portaluppi, Franco Albini e Renzo Gerla, allora consulenti del Comune. Fu pagata 5.805.000 lire, e visto il valore odierno delle sette sculture, fu anche un lungimirante investimento economico.

Nel 1964, due statue vennero danneggiate e da allora, l’opera fu collocata in un deposito dello stesso liceo, in attesa del restauro.

Il gruppo scultoreo fu concepito come un insieme di 12 gessi per la sala intitolata “Coerenza dell’uomo” della VI Triennale di Milano del 1959. Di queste, sopravvissero intatte solo sette sculture, numero che portò Melotti a non volere reintegrare le cinque perdute. L’opera infatti acquisì un nuovo senso, facendo riferimento alla magia del numero, come: l’ordine dell’universo secondo la matematica antica, i Sette contro Tebe e la ricorrenza del numero nel pensiero greco, le Sette Odi arabe, le sette meraviglie del mondo, nel Cristianesimo i sette peccati capitali, i sette sacramenti, i vizi e le virtù, e così via fino ai “Sette messaggeri” di Dino Buzzati.

I Sette Savi, Fausto Melotti. Particolare del gruppo scultoreo © Pierantonio Tanzola

L’artista decise di creare sette statue in pietra, ognuna simile e nello stesso tempo differente dall’ altra, in un ritmo quasi musicale, tipico della sua scultura astratta. La sequenza si propone come variazione su un tema unico e induce a riflettere sulla compostezza e l’aspetto sacrale di coloro che dedicano la loro vita alla conoscenza.

Dell’opera esistono altre due versioni: una in gesso, esposta al MART di Rovereto, eseguita nel 1960 e probabilmente modello per quella del Carducci; l’altra, in marmo di Carrara, del 1981 esposta nel giardino del PAC di Milano. La versione originale (1936) composta da dodici elementi,  è andata parzialmente distrutta.

Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986) può essere considerato uno degli esponenti più significativi della cultura artistica che, avendo il suo crogiuolo a Milano, si è poi diffusa nel mondo in una stagione irripetibile per il capoluogo lombardo, a cavallo tra i tardi anni cinquanta e i primi sessanta. La sua creatività si è estesa, per tutta la sua esistenza, con curiosità e spirito sperimentale pur nel rispetto di un lessico artistico classico.
Nel 1935 fu scritturato per la “Prima mostra collettiva d’arte astratta italiana” a Torino, nell’atelier dei pittori Casorati e Paulucci. Fu allora che divenne firmatario del Manifesto per l’arte astratta ed entrò nel circolo che si riuniva, a Milano, alla Galleria del Milione. Qui tenne la sua prima personale nel maggio 1935 e aderì al gruppo parigino di Abstraction-Création. Spinto da questi contatti, nel 1937 visitò Parigi. Tra il 1941 e il 1943 visse a Roma, per poi tornare a Milano dove trovò nel suo vecchio studio tutte le opere distrutte dai bombardamenti; iniziò a collaborare con architetti, a dedicarsi alla ceramica e a dipingere: del 1956 è la sua personale, di soli quadri, alla Galleria Annunciata di Milano. Nel dopoguerra, l’artista riprese il contatto con alcuni architetti, tra cui Gio Ponti, insieme al quale realizzò la decorazione in ceramica di numerose ville, sia in Italia sia all’estero. Continuò sempre, però, una vasta produzione di opere in ceramica, metallo e materiali eterogenei, in un dialogo continuo con amici e colleghi quali Fontana, Licini, Reggiani, Soldati e Veronesi. Negli anni Sessanta, Melotti riprese le forme geometriche ispirate alla musica e realizzate con sottili fili in ottone, ai quali sono uniti anche tessuti colorati. Una lunga serie di mostre, in Italia e all’estero, lo portarono rapidamente al successo.

La mostra “I Sette Savi di Fausto Melotti. La magia di un ritorno” rimarrà aperta al pubblico sino al 29 febbraio 2020 con in seguenti orari: dalle 8 alle 22. Ingresso libero

La Redazione