Il pizzicare sincopato del bouzouki mi risveglia sdraiato sul bancone legnoso di un’attempata taverna, tra bicchieri tintinnanti di Utzo  e piatti fumanti di Moussaka. Il quartiere “La Plaka” ad Atene è tutto un dipanarsi di vicoli, variopinti & interessanti, che s’inerpicano senza fiato verso scorci  di grecità corrosa ed immortale. Coesistenza degli opposti: la definizione di Classicità, immobile, con le sue perfette proporzioni di marmo squadrato lineare, contro il Kaos urbano fagocitante di una modernità incerta che non riesce ad essere abbastanza razionale per decollare

All’interno DEL Museo, sotto le pendici dell’Acropoli, sono collocate le Statue Eterne, cariatidi, metope, korai e sullo sfondo, in un gioco di vetrate davvero ben riuscito, s’ammira IL PARTENONE dove effettivamente un tempo erano posate.Città straordinaria. LA Città.

CAMBIO INQUADRATURA: S-I-N-G-O-L-A-R-I-T-A-’ Un’opera d’Arte, lo spazio che occupa, il v-u-o-t-o  che contiene. Bisogna cesellare a lungo il blocco di pietra, lavorarci a fondo per trasformare le ombre in luce. Così è anche la scrittura e qualsiasi altra forma di espressione. L’Arte Antica aveva come scopo la Bellezza, poi lo scopo divenne la Verità. Compito ben più scomodo.

Tra i colonnati immortali della Stoà filtrano raggi ritmicamente riflessi: sento vicina la metafisica della luce neoplatonica. Ma l’uomo può raggiungere il Bene, la Saggezza, se non la condivide con gli altri? Quindi ecco l’Agorà. il punto d’incontro, lo scontro, lo scambio e infine l’amalgamarsi di differenti pensieri.

CAMBIO INQUADRATURA: dall’alto Atene sembra tutta bianca  ma in realtà suona policroma, è turca, cristiana, ortodossa, musulmana. Terra eterogenea, tollerante e demo-cratica: una grande piazza dove ognuno può manifestare, dove pare prosperare tutt’oggi la civiltà, il commercio, il movimento, nonostante l’evidente  insabbiamento economico del Paese.

Hanno dalla loro parte la Cultura: ce la possono fare. Se c’è il sapere c’è economia, se c’è attività c’è conoscenza,  in un gioco di specchi infinito e sensato.

Il Rebetiko è la loro musica. Un inno alla ribellione di coloro che son nati poveri o emarginati, popoli abituati ad emigrare, per terra o per mare, che sanno sempre tirar su le maniche e darsi da fare. Come il Tango per gli Argentini,  il Blues per il Sud degli Stati Uniti,il Fado per i Portoghesi e De Andrè per i Genovesi  è il suono che declina malinconico verso il porto, il perenne ritmico andare e venire.

Se l’uomo capisse che la vita è unica, forse non sarebbe disposto  a passare la vita come la passa. Questa musica è rivoltosa, perché accende la consapevolezza che ogni attimo è eterno perché è l’ultimo. Ed è quello che ci invidiano gli dei (Vinicio Capossela, Indebito, 2012).

Nato nei bassifondi d’inizio ‘900, il Rebetiko è una musica di attesa,  di partenza, buona per questa Città sospesa nel tempo; è la rassegnazione e la speranza, è una fotografia in bianco e nero, stropicciata nella tasca della giacca.

 

Poi il regime dei colonnelli ha abolito il bemolle e il Rebetiko è finito.CAMBIO INQUADRATURA ritorno alla taverna (ταβέρνα) e al mio bicchiere di suoni. La musica continua a vivere, qui come in tutti i luoghi stracciati e ricomposti d’Europa e non solo, dice le cose come stanno, fa stare bene. Aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori (Johann Sebastian Bach, mica uno qualunque).

La musica è il condimento invitante di questa città indispensabile.

Museo dell’Acropoli, Atene