Monumento alle Cinque Giornate, MilanoMonumento alle Cinque Giornate,
Milano

Passando con la consueta fretta nel trafficato crocevia milanese di piazza Cinque Giornate a molti sarà capitato di lanciare una distratta occhiata all'imponente monumento bronzeo che campeggia tra i caselli daziari e i fili del tram e che rappresenta uno dei più significativi esempi di scultura pubblica italiana del secondo Ottocento. Giuseppe Grandi, scultore nato a Ganna nel 1843, impegnò quattordici anni (1881-94) per portare a termine l'impegnativa commissione che doveva celebrare le cinque gloriose giornate di combattimenti che scacciarono gli austriaci da Milano nel marzo del 1848. Di questi lunghi anni di lavoro resta traccia nei disegni e nei progetti dell'artista, nei gessi preparatori, recentemente restaurati e ora esposti alla Galleria d'Arte Moderna di Milano, ma anche nei racconti e negli aneddoti ricordati dallo scrittore Carlo Dossi nelle sue Note azzurre con il tono ironico proprio della bohème milanese che prese il nome di Scapigliatura. Tra i più comici quelli riguardanti un leone e un'aquila che condivisero a lungo l'atelier con l'artista per essere studiati e modellati "dal vero" per la sua opera.

Quamvis immota loquor. "Anche se immobile parlo"

L’edera, 1878-79L'edera, 1878-79

recita l'iscrizione che Grandi volle incidere sulla campana battuta a martello dalla figura femminile che nel Monumento alle Cinque Giornate simboleggia lo scoppiare dei moti il 18 marzo del 1848. Perché l'opera non doveva solo ricordare i combattenti e i valori che ispirarono il nostro Risorgimento, ma essere anche monito per il presente.

A temi di impegno civile Grandi si era dedicato fin dagli anni '60 quando aveva partecipato al concorso per il monumento a Cesare Beccaria, promosso a sostegno della proposta di abolizione della pena di morte, che fu inaugurato il 17 marzo del 1871 nell'omonima piazza, triste palcoscenico delle esecuzioni capitali all'epoca del dominio austriaco. Già nel ritratto di Beccaria, la superficie del marmo era vivacizzata da un forte chiaroscuro che si accentuerà nelle opere degli anni successivi anche grazie alla vicinanza e al confronto con i pittori Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni, insieme a Grandi protagonisti della Scapigliatura milanese. Come nei dipinti di Cremona e Ranzoni, anche nelle sculture di Grandi, soprattutto nei bronzi come il Maresciallo Ney o L'edera, i contorni sembrano sfaldarsi sotto la luce, aprendo nuove possibilità espressive che verranno raccolte e portate avanti dagli artisti più giovani, tra cui in primis Medardo Rosso.