Alberto Giacometti, Ottilia, 1934Alberto Giacometti, Ottilia, 1934

Stretto, strettissimo giro di posta: il 13 febbraio smonta la mostra dedicata alla Collezione d'arte di Paolo Consolandi e il 5 marzo inaugura, come aveva annunciato ai nostri microfoni Nicola Mucci, la mostra dedicata ad Alberto Giacometti, lo scultore scomparso nel 1966 che si appassiona a Rodin quando ancora è al liceo e che, dopo "l'equivoco surrealista", approda alla scultura esistenziale, il grande artista che ebbe la coerenza di affermare in fine vita e con amarezza: "Mai riuscirò a mettere in un ritratto tutta la forza che c'è in una testa. Il solo fatto di vivere già esige una tale volontà e una tale energia…".

Dice l'adagio popolare che "a dubitare si fa peccato però a volte ci si azzecca". Ancora non è chiaro il titolo della mostra e, se si dà credito a quello che circola in rete, risultano almeno tre le versioni del titolo della mostra di Gallarate: "Alberto Giacometti. Lessico famigliare" con nota citazione da Natalia Ginzburg, "Alberto Giacometti. Mito e materia", "Giacometti intimo", la versione più vicina alla recente mostra allestita al di là dell'Oceano.

La mostra gallaratese, infatti, è curata da Michael Peppiat, che ha recentemente organizzato "Inside Giacometti's Studio – An Intimate Portrait" alla New York gallery di Eykyn Maclean; nel suo volume "In Giacometti's Studio", il critico documenta la ricognizione compiuta nell'archivio di uno dei rami della famiglia

Alberto Giacometti, Femme debout et tete d'homme, 1960-63Alberto Giacometti, Femme debout et
tete d'homme, 1960-63

Giacometti, attingendo di prima mano in centinaia di documenti e schizzi dell'autore, esaminandone il lato più personale (di qui il titolo "Giacometti intimo"). Insieme a schizzi e disegni, la mostra gallaratese propone una selezione di dipinti e 40 sculture che ritraggono membri della famiglia Giacometti: il padre, la madre, la sorella Ottilia e il fratello Diego. Un secondo gruppo di opere, invece, propone un campione rappresentativo dei lavori figurativi del dopoguerra: figure intere sia maschili che femminili, un "Homme qui marche", alcune di teste di "Lotar", una "Femme de Venise" e diversi busti della moglie Annette.

Il mito dell'atelier – Una delle più recenti retrospettive dedicate a Giacometti è stata, per chi ha avuto la fortuna di poterla ammirare personalmente, quella allestita al centro Pompidou di Parigi dalla Fondazione Alberto e Annette Giacometti e curata da Véronique Wiesiger: oltre 600 opere e numerosi documenti del più parigino degli artisti svizzeri, presentati nel leggendario atelier in Rue Hippolyte-Maindron, in cui l'artista ha lasciato i segni incandescenti di un'esistenza né dogmatica, né formalista, sincera nel dire che "non si deve vincere per forza".