La nascita del cinema nel 1895 e il suo porsi fin dalle origini in dialogo con le arti visive ha rivoluzionato le gerarchie e i tradizionali confini del sistema artistico, già scosso alcuni decenni prima dall'invenzione della fotografia. Se in un primo momento il cinema ha vissuto un rapporto di subordinazione rispetto alle cosiddette "arti maggiori" e la riflessione teorica ha dibattuto sulla sua artisticità confrontandolo soprattutto con il modello pittorico, nei decenni la "decima musa" si è liberata progressivamente da questa condizione di inferiorità definendo la propria specificità e autonomia, ma anche un diverso e sempre più ricco scambio con le altre discipline.

Su questo dialogo tra le arti forniscono spunti di riflessione due rassegne in corso a Milano: Visioni d'arte, organizzata dal Museo Diocesano e dall'Associazione Silvia dell'Orso e Cinesofia, ciclo di proiezioni curato dalla Fondazione Culturale San Fedele in collaborazione con il cinema Apollo.
La prima, attraverso film e documentari sull'arte realizzati per il grande e il piccolo schermo (da Le mystère Picasso di Clouzot del 1956 al recente Picasso & Braque Go to the Movies di Arne Glimcher) mostra come il cinema possa essere, oltre che un mezzo di sperimentazione e indagine artistica, un momento di documentazione e riflessione critica sull'arte e sulla storia dei suoi protagonisti. La seconda, invitando un critico cinematografico e un filosofo a commentare le più significative pellicole della stagione, permette di cogliere la complessità di stratificazioni visive e riferimenti culturali presenti in molto cinema contemporaneo e di leggerli attraverso uno scambio di prospettive teoriche e metodologiche.
Gianni Canova, docente di storia del cinema, e Maria Bettetini, docente di filosofia estetica, chiamati a commentare This Must Be the Place, hanno ad esempio sottolineato la dimensione "filosofica" dell'ultimo film di Paolo Sorrentino e la sua capacità di interrogazione e continua sorpresa legata al cortocircuito tra testo narrativo e immagini, intessute di rimandi alla storia dell'arte e alla storia del cinema (da Hopper a Wenders).
Il visivo, quando riesce a racchiudere questo spessore e questa densità di significato, comunica con più immediatezza e profondità della parola, perché, usando le parole di Godard, "sono le forme che ci dicono alla fine ciò che c'è al fondo delle cose". Ed è forse proprio per questo che, come ha sottolineato Antonio Costa in un suo libro dedicato al rapporto tra cinema e arti visive, "di fronte all'esibizione delle evidenze più assolute (di corpi, di oggetti, di attrazioni prodigiose), un certo cinema ha cercato di reagire riproponendo l'antico esercizio cui la pittura da sempre invita, quello di interpretare le immagini, di scoprire i significati nascosti sotto le evidenze del visivo".

 

Per il programma di Visioni d'arte si veda il sito: http://www.museodiocesano.it/iniziativa.asp?id=820&Categoria=8&TipoEvento=1&sez=3&link=11

Per il programma di Cinesofia si veda il sito: http://www.spaziocinema.info/news/cinesofia2012