"Togliere al sonno", così si chiama la mostra del nostro che mi ha subito incuriosito. Beninteso non è una fascinazione per l'ultima personale dell'artista, piuttosto è la scoperta di un mondo affascinante che riporta l'anima delle cose al centro della riflessione. Osservando i corpi abbandonati dalla coscienza, quasi assorbiti dall'indefinibile buio della notte, si ha come la sensazione che l'opera nasca da sé. Pare proprio che l'artista diventi in realtà colui che ha il compito di liberare quelle esistenze. C'è qualcosa di magico ed esoterico che subito ci avvolge, un fascino magnetico che attrae ma non svela. Proprio il termine esoterico, dal greco esoteros (interiore), sembra essere il più congeniale per definire questa serie di rappresentazioni, quasi a suggerirci che la risposta a quelle pose, a quei visi addormentati stia proprio nel profondo, in quel buio indefinito.

"Enrico, in queste opere in particolare si nota come tutto sembri apparire dietro un velo, quasi una delicatezza verso il sonno dei protagonisti, appunto. Le figure sembrano essere in bilico tra il mondo razionale delle cose tangibili e lo sfuggente nero del fondo. Cosa hai voluto comunicare in queste tue realizzazioni?"
"La luce che esce dal nero vuole svelare per raffigurare l'identità di questi corpi distesi, fissati nell'atto di dormire, un così naturale aspetto dell'essere umano. Un momento particolare dove dietro l'apparente immobilità del corpo interviene il movimento del sogno ad animare la staticità delle figure. Il nero che è la notte, la non conoscenza, o il lutto, qui è un elemento che per contrasto enfatizza la forza della luce. Come per altre strade si giunge nella poetica pittorica del Caravaggio per esempio, un riferimento da sempre presente nella mia visione artistica. Nel momento in cui ho realizzato queste opere, l'atto creativo ha rappresentato per me innanzitutto un'azione terapeutica nei riguardi di una problematica di cui ho sofferto per molto tempo e che riscontro talvolta anche oggi, le apnee notturne. Problematica che per l'appunto rende il sonno non così tranquillo come si vorrebbe. Tutto ruota attorno al tema del controllo e della sua perdita. La realtà quotidiana nella sua

parte relazionale è costruita sulla consuetudine e su un senso comune del sentire, dove spesso la nostra soggettività è penalizzata dalla paura dell'altrui giudizio. Il sonno al contrario è qualcosa che ci libera dalle convenzioni e dai pensieri, o così dovrebbe essere".

"L'invito che pare provenire dalle "tele" stesse sembra essere quello di avvicinarsi alle figure per cogliere un sussurro, qualcosa che aleggia sopra la superficie. Quanto è voluto questo effetto nelle tue rappresentazioni?"
"Queste realizzazioni sono tutti punti di vista dall'alto come visioni di un angelo custode, uno spirito positivo che veglia il sonno dei dormienti. Poi certo l'attrazione dell'osservatore, il fatto che il quadro possa avvicinare l'utente per meglio cogliere il respiro dell'opera è un aspetto che trovo interessante. Il letto in questo senso è un "luogo" che si presta a questo tipo di attrazione, quale spazio di vita intesa come luogo di avvenimenti umani. La nascita, l'amore e la morte, momenti comuni a ciascuno e che perciò ad ognuno parlano. Il materiale che lavoro amplifica inoltre questo rapporto tra opera e fruitore, il fustagno è infatti realizzato per vestire, essere toccato, usato e usurato. Ciò che vorrei si cogliesse in definitiva è la vitalità delle persone riprese dal mio sguardo, voglio che si senta che sono vive".

"Che cosa ti ha portato verso questa scelta stilistica e quanta parte ha nelle tue creazioni la tecnica del decolorage?"
"Le mie realizzazioni con questa tecnica risalgono al 1997 e sono il frutto di una ricerca specifica. La mia formazione è infatti classica e prima di tutto mi considero un disegnatore.

Nei miei precedenti lavori, realizzati secondo i classici canoni pittorici, avevo però sempre la sensazione che qualcosa mancasse, o forse più propriamente qualcosa era di troppo. Prima di fare un quadro, nella realizzazione del disegno trovavo già in quei rapidi segni nervosi ed energetici il mio scopo artistico. Il fatto poi che questa "prima stesura" fosse occultata con la pittura, andando a coprire quello che mi era servito per impostare il quadro, non mi andava più bene e perciò ho voluto ricercare una tecnica che mi permettesse di realizzare quadri senza nascondere il segno primigenio del disegno. Grazie ad una mistura di acqua e candeggina il mio tratto sulla superficie scura del fustagno interviene, rimuovendo il colore nero del fondo, definendo i contorni della figura e concentrandosi principalmente sulla luce. Se dovessi meglio definire il mio intervento sulla "tela" dovrei però più propriamente riferirmi all'arte scultorea piuttosto che a quella pittorica. Infatti come nel caso di una scultura, l'immagine è già presente nella superficie che vado a lavorare. Il termine decolorage infine è un vocabolo inventato dal critico Alessandro Riva nella mostra del 2004 facendo il verso al decollage, la tecnica opposta al collage che nel 50' veniva utilizzata da, uno per tutti, Mimmo Rotella, strappando i manifesti pubblicitari di strada. Questo critico è stato il primo a dare un nome a questa mia tecnica di cui sono per ora l'unico utilizzatore".

Con la volontà di dare spazio a queste opere così suggestive ed originali, si è deciso di non approfondire in questa sede altre realizzazioni dell'artista, che pure meriterebbero una analoga vetrina. Mi riferisco soprattutto alla serie di raffigurazioni su asfalto, che rappresentano la fase più recente dello sviluppo artistico di Enrico Cazzaniga, a cui cercheremo di dare al più presto il debito risalto.

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