Aosta – Il Centro Saint-Bénin, si prepara ad ospitare la mostra Brassaï. L’occhio di Parigi. La retrospettiva, in apertura da oggi, 18 luglio , curata da Philippe Ribeyrolles, studioso e nipote del fotografo, presenta più di 150 stampe d’epoca, oltre a sculture, documenti e oggetti appartenuti a Brassaï, per un approfondito e inedito sguardo sulla sua opera, con particolare attenzione alle celebri immagini dedicate alla capitale francese. Le sue fotografie dedicate alla Ville Lumière – dai quartieri operai ai grandi monumenti simbolo, dalla moda ai ritratti degli amici artisti, fino ai graffiti e alla vita notturna – sono oggi immagini iconiche che nell’immaginario collettivo identificano immediatamente il volto di Parigi.

Ungherese di nascita – il suo vero nome è Gyula Halász, sostituito dallo pseudonimo Brassaï in onore di Brassó, la sua città natale -, ma parigino d’adozione, Brassaï è stato uno dei protagonisti della fotografia del XX secolo, definito dall’amico Henry Miller “l’occhio vivo” della fotografia.

In stretta relazione con artisti quali Picasso, Dalí e Matisse e vicino al movimento surrealista, a partire dal 1924 fu partecipe del grande fermento culturale che investì Parigi in quegli anni. Brassaï è stato tra i primi fotografi in grado di catturare l’atmosfera notturna della Parigi dell’epoca e il suo popolo: lavoratori, prostitute, clochard, artisti, girovaghi solitari.

Nelle sue passeggiate il fotografo non si limitava alla rappresentazione delle vedute architettoniche, ma si avventurava anche in spazi interni più intimi e confinati, dove le persone si incontravano e si divertivano. È del 1933 il suo volume Paris de Nuit, un’opera fondamentale nella storia della fotografia francese.

“Esporre oggi Brassaï – afferma Philippe Ribeyrolles – significa rivisitare quest’opera meravigliosa in ogni senso, fare il punto sulla diversità dei soggetti affrontati, mescolando approcci artistici e documentaristici; significa immergersi nell’atmosfera di Montparnasse, dove tra le due guerre si incontravano artisti e scrittori, molti dei quali provenienti dall’Europa dell’Est, come il suo connazionale André Kertész”.

Brassaï appartiene a quella “scuola” francese di fotografia definita umanista per la presenza essenziale di donne, uomini e bambini all’interno dei suoi scatti sebbene riassumere il suo lavoro solo sotto questo aspetto sarebbe riduttivo. Oltre alla fotografia di soggetto, la sua esplorazione dei muri di Parigi e dei loro innumerevoli graffiti testimonia il legame di Brassaï con le arti marginali e l’art brut di Jean Dubuffet.

Nel corso della sua carriera il suo originale lavoro viene notato da Edward Steichen, che lo invita a esporre al Museum of Modern Art (MoMA) di New York nel 1956: la mostra Language of the Wall. Parisian Graffiti Photographed by Brassaï riscuote un enorme successo.

I legami di Brassaï con l’America si concretizzano anche in una assidua collaborazione con la rivista “Harper’s Bazaar”, di cui Aleksej Brodovič fu il rivoluzionario direttore artistico dal 1934 al 1958. Per “Harper’s Bazaar” il fotografo ritrae molti protagonisti della vita artistica e letteraria francese, con i quali era solito socializzare.

Brassaï scompare il 7 luglio 1984, subito dopo aver terminato la redazione di un libro su Proust al quale aveva dedicato diversi anni della sua vita. È sepolto nel cimitero di Montparnasse, nel cuore della Parigi che ha celebrato per mezzo secolo.

La mostra, aperta fino al 9 novembre, è accompagnata da un catalogo bilingue italiano-francese edito da Silvana Editoriale, con testi di Philippe Ribeyrolles, Daria Jorioz, Silvia Paoli e Annick Lionel-Marie. Orari: martedì-domenica, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18.